Se sulla salienza dei «lunghi anni Sessanta» vi è un accordo sostanziale da parte degli studiosi, più complicato è il bilanciamento per gli anni Settanta tra la prospettiva del declino – su cui pesano le due crisi energetiche – e la possibilità di ammettere che nel mutamento sistemico internazionale siano sorti spunti innovativi. Per l’Italia la questione è forse più spinosa: il Paese fa i conti con una scelta atlantica ed europea, con le storture di una modernizzazione che vorrebbe essere omogenea, con la presenza dello Stato clericale e la violenza terroristica. Un volume curato da Fiammetta Balestracci e Catia Papa tenta ora una revisione analitica del quadro narrativo dell’«eccezionalismo» degli anni Settanta per una società che si spacca su varie linee di frattura e merita quindi l’adozione di prospettive policrome (L’Italia degli anni Settanta. Narrazioni e interpretazioni a confronto, Rubbettino, pp. 260, euro 20).

LA SILLOGE DEI SAGGI, sensibile alla condizione sociale e culturale del Paese, non ignora i fragili equilibri che emergono sul piano delle relazioni internazionali e della sicurezza collettiva in ottica bipolare, adottando prospettive di storia transnazionale per precisare la collocazione italiana in uno spazio in cui si riversano influenze storiche globali.
I saggi di Francesco Petrini, Manfredi Alberti e Paolo Soddu incarnano in apertura la vocazione della raccolta, con lucide disamine della damnatio memoriae che ha condannato gli anni Settanta alla retorica della chance perduta, nella difficile transizione che segue l’esaurimento del sistema fordista della golden age e l’esaurimento del modello della democrazia consociativa. Trascende i confini politici nazionali il saggio di Monica Galfrè, che alla categoria di crisi preferisce quella dell’insicurezza, per trattare il nodo sensibile del terrorismo che affligge il resto d’Europa.

I CAPITOLI che seguono compongono una sezione più omogenea che setaccia il sostrato culturale del Paese, dai movimenti per i diritti di cittadinanza di cui si occupa Marica Tolomelli, al fine studio di Catia Papa sui tafferugli ideologici tra l’operaismo italiano e i neonati movimenti giovanili segnati dalle proposte della Scuola di Francoforte.
Un terzo attore collettivo imprescindibile sono i movimenti femministi, che Paola Stelliferi tocca dal punto di vista della rappresentazione del sé come soggetto comunitario, che vede le protagoniste coinvolte nella produzione di archivi. E sono le donne a essere soprattutto investite dalla rivoluzione sessuale che, racconta Fiammetta Balestracci, va letta nel quadro di un’americanizzazione del costume compressa dalla vigilanza di uno Stato confessionale.

Sullo iato tra un ethos della modernizzazione e la religiosità cattolica si concentra il contributo di Marta Margotti, che riprende il tema della sacralità post-secolare con un approccio da histoires connectées che attraversa le diverse controculture; così anche Paolo Capuzzo condensa gli stimoli materiali e simbolici che contribuiscono alla costruzione dell’identità, spesso in funzione oppositiva rispetto a un modello di consumo in crescita esponenziale.

In chiusura, e nel quadro caleidoscopico delle crisi dei soggetti negli anni Settanta, una finestra è riservata all’intellettuale mediatore tra massa ed élite, che si vede progressivamente svuotato dalla politicizzazione di riferimenti culturali standardizzati.

RINUNCIANDO alla metafora del ristagno per parlare degli anni Settanta, gli autori condividono un’idea di vivacità complessa e densa della quale non è possibile fornire un quadro del tutto esaustivo, e i contributi sono pertanto selezionati per coprire un cospicuo ammontare di oggetti di studio rivelatori di alcuni snodi cruciali. I saggi si pongono criticamente rispetto alle argomentazioni quasi-apodittiche della storiografia meno recente rispetto agli anni Settanta, analizzando un decennio vivace e denso con risorse bibliografiche generose che forniscono al lettore proficui spunti di approfondimento.