Per battere gli scafisti che sfruttano i migranti quando partono dalla Libia siamo disposti ad entrare in guerra, però non sappiamo cosa fare per disinnescare il meccanismo perverso e molto italico che sfrutta le stesse persone grazie alla complicità di funzionari, cooperative, politici nostrani e malavitosi. Il fatto è noto da tempo, da prima ancora che la procura di Roma scoperchiasse il marcio di “Mafia Capitale”, con il tariffario a persona per aggiudicarsi il business immigrazione a colpi di mazzette. Già nel 2013, senza intercettazioni, le associazioni ragionavano sul fatto che il governo spendeva 1 milione e 800 mila euro al giorno per gestire la cosiddetta “emergenza” e che molti colossi dell’accoglienza (coop rosse e bianche) si stavano arricchendo in maniera quanto meno sospetta.

 

Però, anche se arrivano in ritardo, le inchieste fanno sempre rumore. E adesso anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) si è accorto che la proverbiale incapacità di accoglienza dell’Italia non dipendeva da pittoresche inadeguatezze. “Il prezzo di questo scandalo – sottolinea l’Unhcr – è pagato soprattutto da persone in fuga da guerre e persecuzioni, nei confronti dei quali esiste un obbligo legale e morale di assistenza e protezione. E’ fondamentale quindi che sia rispettata una gestione dell’accoglienza che sia trasparente, coerente e in linea con standard qualitativi adeguati, e che contenga inoltre forti garanzie per impedire che individui senza scrupoli possano trarre profitto da risorse destinate ai più vulnerabili”.

 

Laurens Jolles, delegato dell’Unhcr per il sud Europa, aveva già denunciato più volte la gestione dei centri per rifugiati in Italia e l’inadeguatezza dei servizi offerti. Ma questa volta ci è rimasto più male del solito: “Pensavamo che tali situazioni dipendessero da inadeguatezze a livello locale, è estremamente preoccupante apprendere che spesso dipendono da un sistema di protezione ampio e strutturato”. L’associazione adesso chiede all’Italia di strutturare un monitoraggio costante delle condizioni di accoglienza che permetta di scoprire eventuali infrazioni, e invita il governo ad inserire questa pianificazione nella Direttiva Europea sull’accoglienza, sulla quale le Commissioni parlamentari dovranno pronunciarsi al più presto.

 

Meno sorpreso di Jolles è il presidente dell’Arci Sicilia Salvo Lipari. “Abbiamo più volte denunciato – spiega – che la ripetuta gestione in emergenza dell’accoglienza rischiava di innescare un meccanismo corruttivo e criminale e, fatto altrettanto grave, di affidamento della gestione delle strutture a gente priva di scrupoli, senza esperienza e interessata solo agli affari”. Lipari torna a chiedere la chiusura del Cara di Mineo, il simbolo del business sulla pelle dei migranti, lo stesso per cui ieri è stato coinvolto il sottosegretario all’Agricoltura Castiglione (Ncd). E’ indagato dalla procura di Catania per turbativa d’asta sull’appalto per la gestione di quel centro. Il più grande (e redditizio) d’Europa.