«Ho chiesto ai nostri di smetterla con queste posizioni» dice Renzi a radio Rtl. Da nove giorni un po’ tutta la destra alla camera e al senato, la comunità ebraica italiana, l’ambasciatore di Israele a Roma e qualche giornale (il Corriere e più di tutti il Foglio, che ha organizzato una manifestazione di protesta) menano scandalo per l’approvazione della risoluzione Unesco su Gerusalemme (votata il 12 ottobre e solo confermata il 18) e per la decisione dell’italia di astenersi. Renzi arriva tardi, ma arriva pesantemente. Con una totale smentita del lavoro della diplomazia italiana. I «nostri» cui viene intimato di «smetterla» sono il ministro degli esteri e i diplomatici italiani.
Il ministro Gentiloni, colpito, tace. Renzi rincara: «È una vicenda allucinante, ho chiesto al ministro degli esteri di vederci subito al mio ritorno a Roma». Il presidente del Consiglio assume un piglio da premier eletto, ben oltre le prerogative costituzionali che gli riconoscono la direzione della politica generale ma non l’ultima parola su ogni decisione dei ministri – che non per nulla giurano nelle mani del capo dello stato. È uno strappo più netto di quello che si consumò tra palazzo Chigi e il corpo diplomatico quando fu scelto per rappresentare l’Italia a Bruxelles Carlo Calenda, estraneo alla carriera degli ambasciatori. Su quella nomina Renzi è dovuto tornare indietro, cogliendo l’occasione per promuovere Calenda.
«Non è colpa dell’ambasciatore, ma del fatto che in queste votazioni l’Italia va in automatico», precisa dopo un po’ Renzi, che si trova a Bruxelles per il Consiglio Ue. «È una posizione tradizionale, ma questo non vuol dire che non vada cambiata», ha aggiunto. Approfittando per un altra sfida all’Europa: «Non si può continuare con queste mozioni finalizzate ad attaccare Israele. Se c’è da rompere su questo l’unità europea che si rompa». Dichiarazione senza fondamento, dal momento che nel voto all’Unesco l’Europa si è già divisa, avendo votato contro Germania, Olanda, Lituania ed Estonia (oltre a Usa e Gran bretagna). L’Italia si è astenuta con altri 25, anche perché la mozione Unesco riprende la risoluzioni Onu sull’occupazione di Gerusalemme est.
A questo punto è probabile che l’Italia (come già Messico e Brasile) chieda di correggere la decisione dell’Unesco. Mentre Tel Aviv incassa il successo del suo pressing diplomatico su Roma. Del resto è in programma a breve un viaggio di stato di Mattarella in Israele. E nella cerchia renziana non mancano, da Carrai e Gutgeld, personalità legate a Israele e ai suoi apparti di sicurezza. In serata, prima di parlare con Netanyahu, Renzi aveva avuto un colloquio telefonico con la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche Di Segni, che aveva bollato di «superficialità e opportunismo» l’astensione italiana. Il colloquio di ieri è stato «molto positivo».