È un libro molto importante Lavoro Natura Valore. André Gorz tra marxismo e decrescita (Orthotes Editrice, pp. 214, euro 18) di Emanuele Leonardi, sociologo e attivista sociale attualmente di stanza a Coimbra, uno tra i molti di quella furia dei cervelli in fuga, diremmo con un gioco di parole d’altri tempi, ma sempre attuali, temiamo.

GIÀ IL SOTTOTITOLO ci conduce su una buona strada. Dapprincipio a fianco dell’indimenticabile figura di un grande pensatore eretico del Novecento come André Gorz, a dieci anni dalla scomparsa, al fianco di Dorine Keir, l’amore di una vita. Quindi si dischiude la prospettiva di un possibile «orizzonte di coalizione» tra i marxismi e quei movimenti per la decrescita che affrontano la «dimensione sociale della crisi ecologica anche in connessione con le tradizioni rivoluzionarie della modernità». Perché l’intento esplicitato da Leonardi sin dalle prime pagine è quello di assumere la «postura» del «costruttore di ponti» propria di Gorz, con quella sua tipica «capacità di promuovere dialogo e mutuo riconoscimento tra anime anche distanti dell’anti-capitalismo» e, diremmo noi, tra i possibili ribelli e democratici del tempo a venire, per un’ecologia politica dei movimenti sociali delle classi subalterne. Alludendo con ciò ad una tradizione che raramente ha trovato cittadinanza nella storia sociale ed istituzionale del Belpaese. E anche per questo il libro di Leonardi è tanto più prezioso, in tempi oramai duraturi di eclissi non solo partitica e sindacale, ma anche intellettuale e cognitiva, di un pensiero critico e di una sinistra minimamente capaci di porsi almeno all’altezza delle avvenute trasformazioni economiche, produttive, sociali.

Allora andiamo al cuore pulsante della proposta metodologica e di cultura politica contenuta nella ricerca di Leonardi, incentrata sull’urgenza di far dialogare la visione conflittuale dentro e contro lo sviluppo capitalistico tipica dell’operaismo italiano, dagli anni Sessanta del Novecento ad oggi, con quella che l’autore definisce come «via catalana» alla decrescita, intendendo con ciò i contenuti di un movimento globale sviluppatosi in questi anni Dieci intorno al collettivo Research & Degrowth con sede prevalente a Barcellona. E che si sostanzia in un decalogo di riforme non riformiste (per dirla ancora con Gorz): il Debt audit, per ristrutturazione e parziale abolizione del debito; riduzione dell’orario di lavoro, garanzia di un reddito di base e di un tetto ai grandi guadagni; eco-tasse (carbon tax) con cessazione immediata dei sussidi pubblici ad attività altamente inquinanti e promozione di incentivi alla produzione alternativa (filiere corte, sistema cooperativo, non profit).

ECCO UNA PROPOSTA di ricerca che permette di pensare le persone concretamente situate, oltre la tradizionale visione di una società sempre più escludente, iniqua e in definitiva infelice, ossessionata dal dogma della crescita economica e dalla subordinazione ai ricatti di un lavoro salariato impoverito e precario. In questo senso, nella parte conclusiva dello studio, Leonardi auspica la costruzione di un orizzonte inclusivo di lotte in cui i diversi soggetti sociali (e movimenti, sindacati, associazionismo, etc.) possano convergere su pochi punti essenziali, tenendo insieme salario minimo con il già ricordato reddito di base e riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario con contenimento del metabolismo sociale.

Per contribuire alla definizione di questo piano di riflessione e azione politica il libro si chiude ricordando un dialogo del 1988 tra Carla Ravaioli e Claudio Napoleoni, probabilmente presente nella memoria storica degli attenti lettori e lettrici de il manifesto, dove si sottolineava l’importanza di favorire l’innovazione tecnologica – «sostituzione del lavoro umano con la macchina intelligente» – per ridurre l’orario lavorativo e i rischi di una radicale crisi ambientale.
Trenta anni dopo, nell’economia digitale della vita messa al lavoro, Leonardi tesse sapientemente il filo rosso di pensiero critico, accelerazionismo tecnologico, ecologia politica, nella tensione produttiva tra anti-capitalismo e post-capitalismo, tra ribelli e democratici.