Cogliamo un languore malinconico e un’accettazione dolorosa nello sguardo in alta definizione di Nathan Drake, simulacro elettronico attraverso il cui corpo abbiamo vissuto le tre mirabolanti, eccessive e meravigliose avventure della trilogia di Uncharted, proprio mentre stiamo esperendo la quarta e definitiva della serie, appena uscita in esclusiva per Playstation 4. Non ci siamo mai soffermati a osservare gli occhi di Nathan fino ad ora, piacevolmente smarriti nel ciclone delle sue imprese, ma adesso sì, è inevitabile poiché in Uncharted 4 egli ha maturato un’anima che sebbene sia fittizia come quella di ogni invenzione risuona con la nostra di videogiocatori e con essa condivide il desiderio dello straordinario, la volontà di andare oltre il quotidiano per vivere ancora una volta il miracolo della scoperta e il brivido di essere in un altrove mai prima ammirato. Siamo nelle fasi iniziali del videogioco e Nathan ha rinunciato alla sua vita di avventuriero, per amore di Elena, con la quale convive, e mentre siede con la donna su un divano percepiamo e condividiamo i pensieri che lo animano: l’anelito verso il passato turbolento, la noia per una quotidiana monotonia e il senso di colpa che queste infeconde meditazioni accompagnano. Cogliamo la crisi dell’eroe “normalizzato” perché l’abbiamo vissuta anche noi amanti del videogioco, che vaghiamo in centinaia di sogni e incubi virtuali dai quali la realtà di tutti i giorni ci strappa con le sue esigenze. “Un bel gioco dura poco”, non è vero ma purtroppo è così, lo vuole la vita e ce lo impone sempre più perentoria anno dopo anno. Questo momento meta-ludico dalla potenza travolgente, rivelatrice, è destinato tuttavia ad eclissarsi ma lascia un segno che permane durante tutto il videogame come il residuo di una luce fissata troppo a lungo resta impressa nell’iride, condizionando tutta l’esperienza e facendoci immedesimare come mai prima con Nathan.

Gli eventi porteranno l’eroe a misurarsi ancora una volta con l’ignoto e il pericolo, così egli è costretto a ingannare la moglie, illudendola con la menzogna di un lavoro lontano, per rituffarsi nello straordinario. Se nei precedenti episodi l’estasi e la vertigine erano sensazioni dominanti di esperienze scanzonate, esaltanti e superficiali in una maniera magnifica, qui il ludibrio avventuroso è controllato, filtrato dalla consapevolezza di un’ultima volta, da un’involontaria saggezza, dalle responsabilità e dalla vergogna per la menzogna. Poiché se Nathan ha ingannato l’amata noi che giochiamo inganniamo la vita, sottraendole tempo ed emozioni. Ma che meraviglia in questa dolce, inoffensiva bugia! La critica ermetica all’attività del videogiocare, sovrapposta ai sensi di colpa di Nathan, trasforma Uncharted 4 in un’avventura umana e epica, episodio capitale di una serie già memorabile giunta alla conclusione in maniera maestosa e profonda.

L’ultimo episodio di Uncharted -perché è certo che non ce ne saranno altri confermano gli sviluppatori di Naughty Dog- è programmato con una perizia artistica e tecnica che lo rende il videogioco più bello da vedere di questa generazione di console, offrendoci panorami la cui ricchezza di dettagli e colori ci investe deliziandoci senza sosta. Accompagnati dal fratello di Nathan, prima creduto defunto dal protagonista, viaggeremo dagli scoscesi, verdeggianti pendii della costiera amalfitana fino alle rocciose terre gelate e autunnali di una Scozia gotica. Poi arriveremo nelle savane gialle e fangose del Madagascar dove l’azzurro chiarore degli orizzonti aerei si fonde con quello marittimo delle coste lontane. Esploreremo inoltre arcipelaghi dalla sensualità esotica e acquatica quasi erotica, ruderi celati tra le spire della giungla e caverne subacquee per scoprire infine il segreto del capitano pirata Henry Avery, antico fondatore di un’utopica società di filibustieri.

Per raggiungere il luogo remoto e segreto dove dovrebbe giacere un tesoro immenso combatteremo, come da tradizione, contro violenti mercenari, ci inerpicheremo attraverso percorsi sospesi su abissi mortali e risolveremo enigmi ancestrali. Tuttavia questa volta gli spazi che attraversiamo sono assai più vasti e strutturati, consentendo un approccio libero ed esplorativo e un atteggiamento creativo durante gli scontri a fuoco, meno dominanti del solito. La retorica narrativa supporta lo scorrere delle ore avventurose così che l’esperienza non è mai scervellata grazie ai virtuosismi drammatici o comici con cui è scritta la sceneggiatura e ad una regia ludica e cinematografica calcolata con una stupefacente precisione.

Uncharted 4, restando videogioco puro, è più cinema del cinema di avventura, un genere già messo in crisi e talvolta superato dai precedenti episodi. La dilatazione dei tempi, la frenesia con cui si succedono i climax senza mai risultare depotenziati, l’empatia per il protagonista e l’interattività favoriscono la coincidenza tra visione e azione con una naturalezza che infrange i confini mediatici ampliando a dismisura le facoltà diegetiche e coinvolgenti di cinema e videogame.

L’importanza di Uncharted 4 è quindi riassuntiva e sintetica, ribadendo il valore storico del genere avventuroso e rilanciandolo verso il futuro; in quest’opera dei Naughty Dog ritroviamo Ulisse e la sua struggente volontà di ripartire nuovamente verso l’ignoto dopo il ritorno a Itaca, l’epopea piratesca di Salgari, la determinazione ai limiti della follia del marinaio Marlow in Cuore di Tenebra, lo sprezzo verso il pericolo degli eroi di Hemingway, la contemplazione naturalistica di Rudyard Kipling, le geometrie del mistero dei film indiani di Lang e le iperboli spettacolari dell’Indiana Jones di Spielberg.

Non c’è amarezza alla fine dell’avventura, malgrado la consapevolezza che questa sia l’ultima volta nei panni di Nathan Drake possa favorire il sorgere di una vaga tristezza. E’ giusto così, non potrebbe esserci un finale migliore e non c’è più bisogno di alte immagini ne’ di parole. Abbiamo compiuto un ultimo grande viaggio appassionante e non ci resta che accettare, con una maturità novella, la serena dimensione della rassegna dei ricordi, la gioia quieta del rammentare.

Uncharted 4 ci ammonisce infine che l’avventura non è soltanto qualcosa di magnifico da vivere anche quando scivola nelle regioni più estreme del pericolo e della disperazione, ma è materia altrettanto favolosa da raccontare e tramandare a chi è così giovane e forte da intraprendere nuove imprese o a chi vorrà condividere, sognando, grandiose memorie.