Non ha mai avuto una vera lite con alcuno, ha sempre rispettato tutte e tutti. Il tono del cordoglio è stato dato dal cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e tra i fondatori della comunità di Sant’Egidio nonché compagno di liceo – il compagno di classe che tutti vorrebbero, ha detto – di Sassoli. Un po’ come fa il direttore di orchestra con una sinfonia, il tono dell’esecuzione viene dato dalla bacchetta e dai suoi movimenti. Così, in una basilica degli Angeli dove si svolgono le cerimonie ufficiali e di fronte ad una folla numerosa rimasta anche all’esterno della chiesa, il prelato di strada ha riassunto nell’asciutta omelia il senso del flusso di emozioni: transitate prima davanti alla bara esposta nel Campidoglio di Roma, ieri nella funzione religiosa al cospetto di familiari ed amici giustamente scossi.

Si può leggere, sotto la superficie dei volti addolorati e delle sincere espressioni di sorpresa per una morte ingiusta e prematura, una sorta di discorso politico.
A fronte della evidente degenerazione del dibattito pubblico, inadeguato davanti alla tragedia della pandemia e tuttavia tenace nel perseverare nei peccati di sempre (con qualcun altro in aggiunta), la storia di Sassoli è apparsa come un’alternativa possibile. Insomma, un sapore di miele, dal titolo di un film del free cinema inglese. Una traccia, un sintomo di una modalità diversa di essere della politica.
E così, nel volgere di giorni non felici e in prossimità di un’elezione presidenziale in cui riappare persino l’imbarazzante candidatura di Silvio Berlusconi (ahh, se ci fosse l’inferno), il sorriso o lo sguardo dolce ed umano che abbiamo rivisto sono stati come un farmaco benefico nella malattia.

Il desiderio di un mondo che non riesce a ritrovarsi buono e solidale, perché il livore che lo pervade prevale, trova in tal modo un risarcimento ma anche un alibi.
Sentimenti e commozione si mischiano con qualche imperterrito opportunismo.

Sorprendono pure, però, alcune colpevoli omissioni nel racconto mainstream delle ultime giornate. Da una parte si è sorvolato sulle posizioni piuttosto forti e controcorrente assunte dall’allora presidente dell’assemblea di Strasburgo su nodi cruciali della vicenda europea: la rinegoziazione del debito degli Stati, l’allentamento dei vincoli di bilancio, il superamento dei Trattati. In poche parole, un colpo di spugna dopo l’età del neoliberismo e nel corso della reazione sovranista. A titolo di cronaca, un tal Nicolaus Fest, del partito di estrema destra tedesco Afd, ha gioito per la morte di Sassoli, con parole irripetibili.

Sassoli si pronunciò in maniera netta ed esplicita contro la pessima risoluzione votata a maggioranza (535 voti a favore) dal parlamento europeo il 19 settembre del 2019, tesa ad equiparare sul piano storico nazismo e comunismo. In una felice intervista al periodico dell’associazione nazionale partigiani (Anpi) Patria indipendente, Sassoli definì quel testo intellettualmente confuso e politicamente scorretto. Si mettevano sullo stesso piano, aggiungeva, vittime e carnefici. Del resto, la tensione antifascista è stata una costante nella vita del giovane cattolico impegnato, cresciuto alla scuola di Giorgio La Pira e di David Maria Turoldo, insieme a quel Paolo Giuntella che ritroverà nella redazione del Tg1 della Rai di cui Sassoli è stato il popolare conduttore.

Lo spirito antiautoritario si era forgiato sulla base degli insegnamenti della Rosa Bianca, formata dagli oppositori del nazismo Hans e Sophie Scholl condannati a morte dal regime. L’esperienza si rinnovò in Italia, nel movimento che ne prese il nome, cui aderirono numerosi esponenti del cattolicesimo sociale presto anello di congiunzione tra credenti e laici.

La profonda cultura antifascista, legata ai valori della solidarietà contro violenze ed oppressioni o della libertà di informazione, è stata una cifra costante di una personalità che non è lecito ridurre ad un santino asettico o confinato ad una bonarietà da Libro Cuore.
No, Sassoli ha vissuto intensamente il suo tempo e ha partecipato in modo convinto ai conflitti politici e culturali. Se mai, è lo stile che l’ha contrassegnato a fare la differenza. Solo chi ha posizioni forti e passioni sa essere aperto, in virtù di principi superiori e non di convenienze di circostanza.

Forse proprio Davide Sassoli non avrebbe apprezzato i sepolcri imbiancati, gli elogiatori di professione. Li perdonerà, senza averne stima.