La scelta sono le politiche territoriali e un’idea del governo che scardini i paletti imposti dal patto di stabilità, dalle politiche di austerity, svelando passo dopo passo l’inganno delle larghe intese. È la cornice in cui si iscrive «Un’altra musica in Comune» l’assemblea che inizia oggi a Pisa e durerà fino a domenica 24 novembre (info su unacittaincomune.it, tra i partecipanti: Grazia Naletto, Livio Pepino, Gabriella Stramaccioni, Guido Viale). Promossa da liste di cittadinanza, gruppi consiliari, reti e movimenti dei beni comuni come «Un’altra città» di Firenze, Ancona Bene Comune, Appello per L’Aquila, Brescia Solidale e Libertaria per i Beni Comuni, Brindisi Bene Comune, Cambiamo Messina dal basso, Cittadinanza e Partecipazione (Feltre), Gruppo Consiliare Imperia Bene Comune, Una città in comune (Pisa), Repubblica Romana e Sinistra per Siena, l’iniziativa intende proporre una campagna nazionale basata, tra l’altro, sulla condivisione di strumenti normativi come iniziative, ordini del giorno, delibere da portare nei consigli comunali sui temi della casa, la tassazione, il patrimonio, i servizi essenziali e i beni comuni.

Nelle intenzioni degli organizzatori questo potrebbe essere un primo tentativo per la valorizzazione sociale del patrimonio pubblico e privato inutilizzato, nel momento in cui il governo Letta intende dismettere gli immobili pubblici di maggior valore nel tentativo di «abbattere il debito pubblico». L’esposizione debitoria dei comuni, il taglio dei finanziamenti e la privatizzazione dei servizi pubblici essenziali (quello del trasporto a Genova, ad esempio) rende sempre meno plausibile questa prospettiva, lasciando ampi spazi alla speculazione immobiliare, finanziaria, politica. In alternativa, i promotori di una «musica in comune» proporranno, ad esempio, uno schema di delibera comunale che potrà essere usato ovunque esistano le condizioni politiche (e la volontà di un sindaco, di un consiglio) per il riuso di un patrimonio immobiliare che, stando ai dati dell’Anci, dovrebbe essere pari a 20 mila beni disponibili. Secondo la delibera tale patrimonio non deve essere ceduto, bensì riusato per fini sociali, culturali o produttivi. Si propongono anche strumenti inediti per ottenerne l’uso come la requisizione, i bandi riservati a realtà sociali, le acquisizioni in uso, la custodia o la guardiania. Strumenti che sono stati usati in passato, ad esempio da Sandro Medici nel X municipio di Roma, e oggi dal sindaco di Messina Renato Accorinti che ha requisito un resort per i superstiti di Lampedusa (manifesto 21 novembre). Il riuso demaniale sarebbe realizzabile anche oggi. Gli enti locali hanno tempo fino al 30 novembre per chiedere uno o più spazi messi a disposizione dall’Agenzia del demanio. L’operazione è stata un fallimento: sono arrivate solo 600 richieste. L’iniziativa pisana intende mostrare una strada alternativa ai rapporti strutturali tra le amministrazioni, i grandi costruttori e gli interessi finanziari.