L’economia italiana è ferma da oltre vent’anni. Al ristagno si è unita una brutta, pertinace inflazione e si prospetta una ricaduta nella recessione.

Non sorprende che gli italiani abbiano protestato.

Sofferenti e delusi dai governanti di volta in volta sperimentati, hanno protestato astenendosi dal voto e spostando quasi istericamente la fiducia dai politici ai tecnici (!?), da Berlusconi ai democratici, dai democratici ai leghisti, dai leghisti ai cinquestelle, dai cinquestelle a maggioranze multicolore, infine, ultima Thule, alla destra estrema. Funzionerà? Con l’estrema destra di nuovo al vertice del governo dopo il fascismo che l’affossò ritroverà, l’economia del Paese, la via della crescita?

In una economia di mercato capitalistica, va ribadito, il successo dipende solo in secondo luogo da chi governa. In primo luogo dipende dai capitalisti, dalle imprese.

Ebbene, da un ventennio l’insieme delle imprese italiane investe sempre meno su se stesso, restringe lo stock di capitale e le dimensioni aziendali, non ricerca, non innova: cosicché il progresso tecnico latita, la produttività di lavoro e capitale scema, la disoccupazione è cronica. I profitti sono affidati ai danari pubblici, all’evasione dei tributi e dei contributi, alla bassa concorrenza, ai salari “moderati”, al tasso di cambio lasco.

Se l’orientamento di fondo delle imprese non dovesse cambiare radicalmente, nemmeno con un Keynes al governo l’economia si riprenderebbe (il principe dei tecnici, Guido Carli, diceva che “un governo di tecnici o è una trovata qualunquista o è una soluzione sovversiva”…).

Nondimeno, è sommamente auspicabile che il nuovo esecutivo in politica economica faccia – perché no? Non è difficile! – quanto chi l’ha preceduto ha mancato di fare, in tutto o in parte, nell’arco di una generazione.

La mia griglia, in sette punti, resta – da anni – la seguente (Covid permettendo):

  1. Risanare i conti pubblici, con le entrate correnti maggiori o eguali, strutturalmente, rispetto alle uscite correnti: risparmi sulla spesa non sociale e lotta all’evasione, oscena, sono le vie maestre per evitare il risparmio negativo della Pubblica amministrazione.
  2. Investimenti pubblici in valide infrastrutture, al di là dello stesso Piano europeo: investimenti massicci, capaci di moltiplicare la domanda globale e accrescere la produttività al punto da autofinanziarsi, senza generare altro debito bensì riducendolo rispetto a un Pil dagli stessi investimenti rilanciato e sostenuto.
  3. Concentrare tali investimenti nel Mezzogiorno, selezionando quelli più utili all’economia del Sud e ai bisogni delle genti del Sud.
  4. Correggere una distribuzione del reddito sempre più sperequata e soprattutto abbattere una povertà assoluta che sfiora ormai i sei milioni di cittadini, il 10% della popolazione: una vergogna sul piano morale, ma anche un ulteriore freno alla crescita per carenza del cosiddetto – horribile dictu – capitale umano.
  5. Completandone la riscrittura, rendere effettivamente operante un nuovo, moderno, diritto dell’economia: societario, processuale, fallimentare, amministrativo. E’ parte importante anche della funzionalità della Pubblica Amministrazione, nel rapporto con l’impresa, oltre che con il cittadino.
  6. Imporre o far accettare finalmente alle imprese italiane la concorrenza, per più vie, ben al di là di quanto non faccia, e possa fare, l’Antitrust.
  7. In Europa, non accettare ricadute nella impostazione di Maastricht e nel neomercantilismo tedesco.

Questa griglia – e a fortiori, auspicabilmente, una migliore – può essere di qualche utilità, non solo all’opposizione, per valutare le scelte, ovvero le non-scelte, attribuibili al nuovo esecutivo voluto dal popolo. Può essere utile per valutarle nel loro insieme, in modo non episodico. Forse ancor più, può recare un qualche contributo a risollevare il livello del dibattito politico.

A sommesso avviso di chi scrive questo dibattito non ha particolarmente brillato sui giornali e alla televisione, nemmeno al tempo della competizione elettorale.

Oltre a Putin, c’è l’economia, bellezza!