«I motivi che ci portano a scendere in piazza sono gli stessi della volta scorsa: per i lavoratori dello spettacolo è una situazione di agitazione permanente», dice Daghi Rondanini, tecnico del suono della compagnia dei Teatri Uniti che oggi sarà di nuovo in Piazza Plebiscito a Napoli per chiedere che venga ascoltata la voce delle maestranze e gli operatori dello spettacolo. «Perché – spiega – non si vede una luce in fondo al tunnel in cui ci troviamo ormai da mesi. Una condizione di difficoltà, specialmente dei tecnici, che non si vedono riconoscere la propria professione»: non solo degli intermittenti che «sfuggono» dalle maglie del decreto ma anche di chi dovrebbe essere destinatario dei 600 euro del decreto Cura Italia e di quello Rilancio.

Infatti, spiega Rondanini, «i soldi di entrambi i decreti non sono arrivati a nessuno, l’Inps accampa scuse tecniche».
In questi giorni è stata annunciata la parziale riapertura dei teatri a giugno, «ma – dice – sappiamo tutti che proprio a giugno i teatri chiudono, perché finisce la stagione, quindi il timore è che in pochi riusciranno a riorganizzarsi: verrà così data notizia della riapertura ma sarà una cosa fittizia». Una delle richieste dei manifestanti è quindi «creare un’indennità che sia continuativa finché dura questa situazione, e aprire il tavolo di confronto istituzionale che già avevamo chiesto alla scorsa manifestazione senza ricevere alcuna risposta».

RISPETTO allo streaming, intorno al quale si è organizzato parte del settore culturale durante il lockdown, sostiene che può essere «un accessorio, ma il lavoro dello spettacolo dal vivo, del teatro e dei concerti, è un’altra cosa, con il pubblico in carne e ossa, la condivisione di un rituale collettivo. Lo streaming non lo può sostituire: può servire ad allargare la platea degli spettatori, a incuriosire e informare, ma il teatro si svolge in un luogo preciso, secondo delle regole che esistono da 5000 anni».