Si tratta di un film che stride parecchio in un concorso, quello della regista spagnola Isabel Coixet Another Me, scelta probabilmente per la sua autorevolezza di autrice di film internazionali, vincitrice di una quantità di premi tra cui tre prestigiosi Goya per il miglior doc, nel 2012 per Escuchando al juez Garzón (2011), nel 2008 per Invisibles, nel 2006 per il lungometraggio The Secret Life of Words. Another Me è un film di genere (horror psicologico) ambientato in Inghilterra (Cardiff è una location) e, come insegnava Hitchcock, bisogna rendere evidenti le ambientazioni (come cioccolata e orologi a cucù per la Svizzera, diceva).
Così la Coixet si serve di Shakespeare e dei fantasmi per intessere la sua trama che ha una pecca fondamentale, tra le altre: si indovina il finale.

Altra cosa che avrebbe dovuto metterla in allarme sarebbe stato che mettere in scena il Macbeth è quanto mai temibile nel mondo dello spettacolo, solo Polanski non ne ha avuto paura (e ora è in uscita quello di Branagh). Qui si tratta di una recita scolastica, la protagonista, Faye (Sophie Turner), è stata scelta per interpretare la lady sanguinaria. Poco prima tutto andava benissimo nella sua vita, poi il padre si ammala di sclerosi multipla (e allora il pubblico pensa che il film si concentrerà su quello), subito dopo, al momento delle prove, cominciano a entrare in scena sia la foresta che le streghe sotto forma di una compagna perfida e invidiosa e di una vicina di casa, Mrs. Brennan che altri non è se non una Geraldine Chaplin travestita da vecchia di aspetto raccapricciante, impicciona e malaugurante.

Poi l’attenzione si sposta sulla madre (Claire Forlani) che se la fa con il prof di recitazione (Jonathan Rhys Meyers), ma soprattutto, «l’altra me» che comincia a manifestarsi, è una presenza, un fantasma che segue la protagonista e si mostra ora a questo ora a quello facendosi passare per lei e gettandola nel panico, segnando la sua presenza con una quantità di crepe nei vetri e di guasti elettrici. «I’m here» lascia scritto, neanche pensasse di essere Jerry di Sphera. Si passa quindi dal genere malessere adolescenziale all’horror senza avere il tempo di elaborare veramente la situazione che più che spaventosa appare risibile e i destini di tutti i personaggi che si perdono per strada.