C’è anche la Lega nell’”accozzaglia fumosa” che ha votato no all’emendamento presentato da Sinistra italiana in commissione Bilancio, alla Camera, che impegnava il governo a disporre il monopolio di Stato sulla cannabis e destinarne i proventi alla ricostruzione post terremoto.

Carroccio e Pd si ritrovano così fianco a fianco sulle posizioni più proibizioniste; ma per carità, ha spiegato Matteo Salvini, un po’ di pragmatismo è d’obbligo, per esempio «io legalizzerei e regolamenterei la prostituzione, non certo la cannabis», ha detto il leader leghista intervenendo su Radio1 a Un giorno da pecora. Oltre a Sel, a votare a favore dell’emendamento sono stati i deputati pentastellati, la componente civatiana del Gruppo Misto e la deputata del Pd Susanna Cenni, l’unica dei quattro democratici che siedono nella V commissione di Montecitorio (dove fino a mercoledì proseguirà l’analisi della legge di Stabilità) che sono anche tra i firmatari della pdl per la legalizzazione promossa dall’intergruppo parlamentare.

«Nel mio ruolo di relatore di maggioranza – ha spiegato al manifesto il dem Mauro Guerra – ho dato parere contrario e invitato al ritiro dell’emendamento, cosa che non è avvenuta perciò ho votato contro». Francesco Laforgia, che pure fa parte dell’intergruppo promosso dal radicale Benedetto della Vedova, non era presente «per motivi familiari». Mentre il quarto, Marco Marchetti, in commissione si è astenuto perché «favorevole alla legalizzazione, ma non è certo questo il modo».

A spiegare cosa c’è che non va nel «modo» è la 32enne Giuditta Pini: «Dopo mesi di intergruppo parlamentare, decine di audizione, discussioni e dibattiti, mentre la legge sulla legalizzazione aspetta in commissione, spiace questa polemica sugli emendamenti» di Si, che sono, secondo la deputata dem, «addirittura più restrittivi della proposta di legge». Inoltre, aggiunge Pini, non era quella la sede giusta «in cui discutere di legalizzazione», argomento sul quale invece «mi era parso di capire che stavamo facendo un lavoro serio e insieme».

Al contrario, per Daniele Farina, primo firmatario dell’emendamento che era stato sottoscritto anche da alcuni deputati Pd e della maggioranza, «è un pessimo segnale quello dato dalla commissione Bilancio al Paese. Meglio lasciare i soldi alle mafie piuttosto che destinarli ai terremotati: fino a 5 miliardi di euro già dall’anno prossimo. Si dirà che la discussione sul bilancio non è la sede giusta – continua il deputato di Sinistra italiana – Tuttavia, fino ad oggi, nelle “sedi giuste” si è lavorato per tenere la palla in tribuna. Mi auguro che in futuro si cambi passo. Anche perché, come dimostrano i recenti referendum Usa, sul tema il mondo sta correndo mentre il Parlamento italiano rimane visibilmente ostaggio di fallimentari ideologie». Talmente ostaggio che, per essere sicuri di non sbagliare, al voto sull’emendamento cannabis si è applicato – unico nella seduta della commissione Bilancio – il controllo nominale.

Pippo Civati sul suo blog spiega che «l’emendamento proponeva di inserire nella legge di bilancio una norma per recuperare risorse per miliardi di euro, ben più di quanto le voci della manovra non riescano a fare». Con una stima cauta, aggiunge, «tra risparmi e gettito fiscale, 5 miliardi di euro all’anno».

Ma la neonata alleanza Lega-Pd per fermare l’unica politica ormai possibile, caldamente consigliata perfino dalla Direzione distrettuale antimafia dopo il decennale fallimento del proibizionismo, «conferma – secondo Civati – solo il fatto che la maggioranza di governo non è favorevole alla legalizzazione. Che il premier non si esprime, mentre i suoi ministri sì (e contro). Che il Pd sull’argomento è diviso». E in effetti sembra quasi coraggioso l’endorsement del governatore della Toscana Enrico Rossi in favore della legalizzazione perché, afferma, «lo ritengo l’unico modo per sottrarre i giovani alle grinfie della criminalità organizzata», oltre a «portare benefici di carattere economico come dimostrato da alcune esperienze in Europa e Nord America».

L’emendamento bocciato verrà comunque ripresentato da Si in Aula. In ogni caso, il voto della commissione «nulla toglie e nulla aggiunge» all’iter parlamentare di legalizzazione, sostiene il sottosegretario Benedetto della Vedova. Che ovviamente prevede: «Il momento della verità per il ddl cannabis legale sarà dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre».