Ci sarà anche l’Europa della società civile a manifestare domani a Roma in occasione delle celebrazioni per i 60 anni dei Trattati. E le diverse piattaforme con i contenuti proposti da associazioni e organizzazioni sono molto distanti dai temi di cui parleranno i 27 leader europei in Campidoglio.
Un anticipo si è avuto ieri sulla terrazza del Pincio, dove Greenpeace ha esposto un grande striscione di 100 metri quadrati: «Dopo 60 anni: un’Europa migliore per salvare il clima», è il messaggio inviato dall’organizzazione ecologista ai capi di Stato e di governo.

«Vogliamo un’Europa che metta al centro le persone e i non grandi interessi economici, che privilegi i diritti e non i confini, che accolga e non costruisca muri, che punti con più convinzione sull’energia pulita e abbandoni i combustibili fossili», ha spiegato Luca Iacoboni, responsabile della campagna Clima e Energia di Greenpeace Italia. «In poche parole, non vogliamo che il sogno europeo finisca alla deriva, ma riteniamo necessari degli urgenti cambiamenti, per un’Europa migliore».

Per sostenere la sue richieste, l’associazione ha promosso tre giorni di iniziative in tutte le città italiane che si concluderanno con la partecipazione, domani, al corteo che da piazza Vittorio raggiungerà il Colosseo.
Ma non sarà ovviamente solo l’ambiente a tenere banco. Tra i temi caldi e che più fanno discutere nel Vecchio continente c’è infatti anche l’immigrazione. L’Europa è sempre più una fortezza chiusa ai migranti e ai rifugiati mentre si cerca di esternalizzare i suoi confini. Lo si è fatto con l’accordo siglato a marzo dell’anno scorso con la Turchia e servito a chiudere la rotta balcanica confinando decine di migliaia di uomini, donne e bambini in Grecia e Serbia. Un’esperienza che adesso si vorrebbe ripetere in Libia arrivando un’intesa che blocchi le partenze dal paese nordafricano con il governo guidato dal premier Fayez al Sarraj che però è in grado di controllare solo una minima parte del territorio.

Nel frattempo si continuano a costruire muri ai confini interni dell’Europa, come la seconda barriera che l’Ungheria ha annunciato di voler innalzare alla frontiera con la Serbia
Per denunciare la scelta di affrontare un’emergenza umanitaria come quella di dei migranti e dei rifugiati con politiche più attente alla sicurezza che all’accoglienza, domani sul Tevere, all’altezza di Ponte Sant’Angelo, verrà montata una grossa zattera a forma di bandiera dell’Europa con il filo spinato e la scritta «Not in my Europe», mentre sulla banchina verranno distese 20 body bag e una gabbia con persone intrappolate per ricordare i tanti migranti morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e le condizioni in cui sono detenuti in Libia.

All’evento, organizzato da Medici senza frontiere, A buon diritto, Amnesty international-Itala, Amref, Arci, Baobab Experience, Centro Astalli, Cir-Consiglio italiano per i rifugiati, Comitato 3 ottobre, Intersos, Legambiente Onlus, Medu-Medici per i diritti umani, R@inbow for Africa-R4A, Save the Children, Sea-Watch e Terres des Hommes, a partire dalle 15,30 sono previsti interventi dal palco di Emma Bonino, Gad Lerner, Luigi Manconi e dei rappresentanti di alcune ong.