Forse ha ragione lei, l’oggetto disco (che sia cd o vinile) – è roba da antiquariato. O almeno da vecchi tromboni (come il sottoscritto) che si intestardiscono a collezionare piramidi di piccoli dischetti. Rassegnamoci ai file digitali, ai progetti frazionati (tipo l’ultimo e un po’ confuso Baglioni…) e mettiamoci l’anima in pace. Siamo obsoleti. Peccato, perché questo Meticci (Io mi fermo qui) (Sony) è un progetto che mostra un’artista ancora curiosa e dalla classe interpretativa intatta, nonostante l’inevitabile ruggine che il tempo deposita sulla voce. Intanto il filo conduttore del disco, stimolante: i meticci che non sono solo «chi vive ai margini» ma gli outsider, quelli che – spiega Ornella nelle note del booklet – «riescono a creare mondi diversi in cui abitare.

E poi le canzoni, undici originali e due cover, necessarie e nient’affatto riempitive – 4 marzo ’43, scoppiettante omaggio a Dalla arrangiato da Nicolò Fragile e Costruzione, traduzione italiana di Sergio Bardotti di un capolavoro di Chico Buarque de Holland. Tanti gli autori (sugli scudi il giovanissimo Lorenzo Vizzini), sollecitati a uno uno. Nada, che non aveva mai scritto per altri, che le confeziona su misura una fiaba sull’infanzia negata, Il bambino sperduto. O Franco Battiato che insieme a Nabil Salameh (la metà dei Radiodervish) su testo di Mario Sgalambro si produce nella catarsi finale di Aurora che recita:«La mente è qualcosa di stupefacente, un tesoro che soddisfa il desiderio».

Un lavoro dai tanti colori e ritmi, si riserva addirittura un angolo che lei stessa definisce «molto mariachi», Il fiume, pieno chitarre acustiche, fisarmoniche e percussioni curate dall’autore, Roberto Pacco. Un progetto ideato dalla cantante, con la supervisione di Mario Lavezzi e arrangiamenti distribuiti fra Nicolò Fragile, Gabriele Semeraro, Adriano Pennino e Celso Valli.