Binetti (Udc): «Da Consulta grave attacco alla famiglia». Giovanardi (Popolari liberali): «Con via libera a eterologa si aprono scenari inquietanti». Famiglia cristiana: «Sentenza choc l’ultima follia italiana». Scienza e Vita: «Avanza la Babele procreativa». A leggere le dichiarazioni di lor signori a margine della decisione della Corte Costituzionale di cancellare il divieto di fecondazione eterologa dalla legge 40 del 2004, perché incostituzionale, sembrerebbe che nel nostro Paese siano state reintrodotte le leggi razziali o la pena di morte. E invece no: semplicemente i giudici della Consulta hanno restituito, nel pieno rispetto degli articoli 3 e 32 della nostra Costituzione, a tante famiglie il loro diritto ad avere un figlio in Italia, senza dover andare a rifugiarsi all’estero con un dispendio economico e psicologico rilevante, per non parlare dei rischi che si corrono nei centri medici di altri Paesi.

Coltivare il sogno di un bambino, di una famiglia, costruire la possibilità del futuro anche nella genitorialità, sfidando la malattia, la menopausa precoce, l’infertilità. A questa sfida oggi la scienza può aiutare a rispondere con l’utilizzo di tecniche di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologa, cioè con gameti esterni alla coppia. L’eterologa è stata applicata nel nostro Paese fino al 2004 senza problemi né di natura scientifica né giuridica. Poi una legge discriminatoria, la legge 40 del 2004, ferma la speranza di tante persone di potervi accedere. All’indomani dell’entrata in vigore, su iniziativa dell’Associazione Luca Coscioni e del Partito Radicale, iniziò una raccolta firme per un referendum abrogativo che non fu ammesso e fu realizzato un referendum di abrogazione parziale della norma; non fu raggiunto il quorum, – la Chiesa e le forze paternalistiche in parlamento sabotarono il referendum, prima trasformandolo in quattro quesiti troppo tecnici e poco comprensibili per i cittadini, poi facendo campagna di astensione su una stampa compiacente – ma il 25% degli italiani che espressero preferenza dichiararono il no alla legge 40. Sono seguite 29 decisioni di tribunali, oggi è la trentesima, che hanno smantellato la legge, finita sotto processo anche dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Tribunali, battaglie politiche, dolore di tante coppie che non hanno potuto dare alla luce un figlio: tutto questo scenario dinanzi a un parlamento inerme e incapace di ascoltare i cittadini, tuttavia deciso nel difendere principi da Stato Etico. Lo stesso parlamento che ha evocato nelle sue prime dichiarazioni il ministro della Salute: Beatrice Lorenzin chiede l’intervento del legislatore, perché ora la norma è svuotata da quello che lei definisce un «atto amministrativo». La decisione della Consulta non si può configurare come un intervento amministrativo perché ha valore di legge e il parlamento non potrà fare nulla per limitare quanto sentenziato. Non siamo in presenza di un vuoto normativo: già nel 2005 era stato ammesso il quesito referendario che prevedeva la cancellazione di tale divieto. Appena verranno depositate le motivazioni tutti i centri pubblici e privati di fecondazione assistita dovranno permettere a tutte le coppie sterili di accedere all’eterologa – le normative scientifiche in vigore in un’Italia comunitaria già lo consentono.

È tempo che tacciano coloro che amano riunirsi sotto l’etichetta dei movimenti per la vita, perché è anche colpa loro se per dieci anni a tante persone è stato negato il diritto proprio di mettere al mondo una vita. È tempo che la politica si faccia garante dei diritti dei cittadini e non di posizioni astratte e ideologiche. È il tempo dei diritti individuali, di uno Stato liberale, del rispetto della Costituzione contro ogni tentativo di potere da parte di fondamentalismi. Oggi è il giorno della vittoria delle associazioni, delle famiglie, degli avvocati, di tutti quelli che non hanno smesso di lottare e che difenderanno questo risultato in ogni sede.

*Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, legale con Gianni Baldini della coppia che si è rivolta al Tribunale di Firenze