Se si pensa che ha detto «Basta» a concerti, spettacoli, tivù e interviste a 38 anni e che ha cominciato la carriera a 18, si può dire che in soli 20 anni Mina ne ha combinato di tutti i colori. Ma poi, quale Mina? Quella degli inizi, quando aveva ancora l’aspetto di una ragazzona di provincia e al suo primo Sanremo, nel 1960, uno stilista perfido la infagottò in un abito con la gonna a festoni giganti simile a un ananas? Oppure quella ammiccantissima, tutta lucidalabbra, brillantini e mani nei capelli che, nel 1978, interpreta Ancora, ancora ancora?
O quella che nel 1969 si presenta a Ieri e oggi condotto da Lelio Luttazzi in un super corto abito nero e stivaloni di vernice? O la sofisticata e magrissima protagonista di Milleluci, nel 1974? O ancora la donna carnale e lattea della sua ultima apparizione pubblica, quella alla Bussola di Marina di Pietrasanta nel 1978? Perlustrare la vita di Mina significa non solo immergersi in un percorso musicale e vocale di puro talento che dura da oltre sessant’anni, ma anche seguire un pezzo di storia italiana di cui Mina è stata protagonista a modo suo, anticipando i tempi e sorprendendo anche con continui cambi di stile. In questa vita da ottovolante ci sono però due costanti: il suo talento unico e il fatto di essere una donna libera, perché quel che Mina ha sempre trasmesso è l’immagine di una persona dominata da e domatrice di una potentissima carica istintuale, la stessa che le sorge dal profondo quando canta, quando si muove sinuosa, quando sceglie collaboratori e canzoni.

AL DEBUTTO della carriera fece un provino alla Rai di Milano e a sentirla c’era anche Roberto Leydi, il famoso etnomusicologo. Sorpreso e un po’ confuso, corse dai suoi assistenti dicendo: «Venite anche voi ad ascoltare questa ragazza. Non riusciamo a metterci d’accordo. Per alcuni è un disastro, per altri un genio». Si sa come è andata a finire, ma se anche in Rai le avessero risposto picche lei sarebbe emersa lo stesso perché il pubblico l’ha capita dal primo istante. La gente fu subito dalla sua parte anche quando si innamorò dell’allora già sposato, nonché separato, Corrado Pani e poi rimase incinta. Era il 1962 e in quell’Italia codina, che prevedeva ancora il reato di concubinaggio, chi le manifestò solidarietà fu la gente che le scriveva «Siamo con te», «Stai tranquilla». Cattivi e machisti furono soprattutto molti giornali che la additarono come una peccatrice. Lei stessa nell’intervista concessa a Playboy nel 1973 disse: «Il massimo è stata una foto su Epoca dove io ridevo con Corrado, con il mio pancione, tranquilla e sotto scritto ’Cosa avrà da ridere?’. Me la ricorderò tutta la vita una cosa del genere».

C’E’ DA CAPIRLA  se da più di 40 anni non rilascia interviste. Molto ipocrita e retrograda fu anche la Rai che la bandì per un anno, nonostante il successo che aveva avuto nell’edizione di Studio uno del 1961. Lì l’aveva fortemente voluta Antonello Falqui, che poi tornerà a lavorare con lei per molti anni, si era accorto fin dall’inizio che «Quella ragazza riempiva lo schermo impadronendosi della scena», come ha detto in un’intervista con Lele Cerri pubblicata, insieme a tante altre, sul sito di Mina (www.minamazzini.it).
Mina non ha teorizzato il femminismo, lo ha fatto, anche questo in anticipo e a modo suo, nel senso che non ha mai considerato l’occuparsi di pappe e pannolini una diminutio della sua carriera, ma una cosa bellissima. Ha messo in pratica la libera scelta anche quando si è separata dal primo marito Virgilio Crocco (giornalista de il Messaggero, morto in un incidente stradale nel 1973), prima che nascesse la loro figlia Benedetta, nel 1971, e quindi più o meno contemporaneamente a quando il parlamento approvò la legge sul divorzio, l’1 Dicembre 1970.
Per capire il continuo divenire di Mina, poi, basta guardare le copertine dei suoi dischi che, soprattutto dal 1971, , comincia a giocare davvero con la propria immagine che diventa ora una caricatura, ora un fumetto, ora un’elaborazione grafica, ora una provocazione, un fotomontaggio, un travestimento. Insomma un gioco, perché se c’è una cosa che Mina detesta è la noia, e ora che è bisnonna chissà che cosa combina con i pronipoti.