Gli ultimi cargo C-17 rullano sulla pista di Cúcuta, in Colombia. Vengono dalla base della Us Air Force di Homestead, in Florida, dal loro ventre escono carichi di cibo, medicinali, latte. Circa 600 tonnellate di generi di prima necessità sono impilati ai margini della strada. Accade lo stesso a Pacaraima in Brasile, e a Curaçao nelle Antille olandesi. Su ogni cassa c’è un adesivo bianco rosso e blu. C’è scritto Usaid. Quella sigla, i latinoamericani la conoscono bene.
«Del pueblo de los Estados Unidos de America», dice la targhetta, ma el pueblo c’entra poco. Usaid è il governo degli Stati uniti in azione, i dollari umanitari il suo strumento. Accade da oltre cinquant’anni. Accadrà anche oggi.

IL PRESIDENTE AUTOPROCLAMATO Juan Guaidó è arrivato a Cúcuta ieri alla testa di una carovana di parlamentari. Ha chiesto una «valanga umanitaria»: vuole che oggi centinaia di migliaia di volontari attraversino il ponte sul confine e facciano ritorno in Venezuela con i sacchi targati Usaid. Soprattutto vuole i militari a cui il presidente costituzionale Nicolás Maduro ha ordinato di chiudere le strade per la frontiera: obbligarli a disobbedire è lo scopo della partita.

Per aiutare il concentramento, Guaidó ha chiesto al miliardario britannico Richard Branson di organizzare un grande concerto a Cúcuta. E Sir Branson ha messo in piedi Venezuela Aid Live, con una trentina di stelle iberoamericane della musica, da Miguel Bosé al portoricano Luis Fonsi (quello di Despacito) allo spagnolo Alejandro Sanz. E naturalmente stelle della politica: il presidente colombiano Duque, quello cileno Piñera, il paraguayano Mario Abdó, un po’ di parlamentari europei… Un contro-concerto si è svolto dalla parte venezuelana del ponte, a 300 metri di distanza.

La situazione è di estrema tensione, sulla strada verso il Brasile si è cominciato a sparare, secondo gli uomini di Guaidó i militari avrebbero aperto il fuoco contro civili che cercavano di fermare i soldati uccidendo un manifestante. Centinaia di uomini in divisa sono stati schierati dalla Colombia e dal Brasile. La partita è grossa: se i “suoi” militari disobbedissero per Maduro potrebbe essere l’inizio della fine, in caso contrario l’autoproclamato Guaidó rischia di logorarsi fino all’esaurimento.

TUTTO SI GIOCA intorno a quelle 600 tonnellate. Sono gocce nel mare (Caracas distribuisce ogni giorno 4mila tonnellate di cibo), e così smaccatamente politicizzate che Croce rossa, Mezzaluna rossa, Onu e persino Caritas hanno rifiutato di distribuirle. Ma sono gocce che hanno una storia.

La United nation agency for international development (Usaid) è la più grande agenzia di aiuti del mondo. Un gigante che nel 2016 aveva 10.235 dipendenti, due terzi dei quali all’estero, e un budget di 27 miliardi di dollari. Ha missioni in oltre 100 paesi, la sua catena di comando parte direttamente dal presidente. La volle Kennedy nel 1961, accorpando una pletora di sigle tra cui alcune divisioni dell’Oss, l’ufficio informazioni che diventerà la Cia. Condivide la funzione di braccio armato del governo con il National endowment for democracy (Ned), inventato da Ronald Reagan nel 1983 contro l’«impero del male», sostanzialmente formato da quattro divisioni: Acils (iniziative sindacali), Cipe (iniziativa privata), Iri (International republican institute, gestito dal partito repubblicano) e Ndi (National democratic institute for international affairs, gestito dal partito democratico).

USAID E NED distribuiscono denaro e know how sotto decine di sigle, finanziano partiti e singoli politici, pagano segretamente sindacati e giornalisti… Caracas sperimenta da tempo le loro attenzioni. Fu un’emanazione del Ned, l’istituto Transparency international, a dichiarare nel 2008 che la compagnia petrolifera venezuelana Pdvsa era la peggiore azienda pubblica del mondo, scatenando una crisi che aggiunta a sapienti scioperi devastò il Venezuela petrolio-dipendente. Il corrispondente di Transparency era Pedro Carmona, l’uomo che guidò il golpe del 2002 contro Chávez.

INTERI PAESI O ALLEANZE hanno estromesso le due agenzie dal proprio territorio. I membri dell’Alba firmarono nel 2012 la richiesta di espellere Usaid. La Bolivia aveva già iniziato nel 2008, quando i cocaleros del Chaparé avevano cacciato i circa 100 contractors dell’agenzia, che finanziavano l’eradicazione della coca per piantare agrumeti che, scoprirono, li avrebbero resi Usaid-dipendenti per anni. Nel 2013 Evo Morales li cacciò definitivamente dal paese.

A Cuba, Usaid e Ned hanno imperversato. Celebre il caso del Twitter cubano, ZunZuneo: lanciato nel 2010, finanziato con singolari triangolazioni tra conti offshore, società civetta e server all’estero, guadagnò 40mila followers con miti contenuti di musica, sport, meteo e prevenzione dell’Hiv («la scusa perfetta», scrisse un documento ufficiale), salvo scoprire che, raggiunta la massa critica, sarebbe cominciata la creazione del dissenso politico (venne chiuso nel 2012).

Nel 1990 l’ambasciatore yemenita all’Onu osò votare contro l’uso della forza in l’Iraq e venne raggiunto dall’ambasciatore americano, che sibilò «sarà il no più costoso della tua vita». In una settimana tutti gli aiuti allo Yemen furono cancellati.

NON È AL SICURO neanche l’Europa. Nel 1984 il Ned, attraverso la centrale sindacale americana Afl-Cio, aveva messo a disposizione 570mila dollari agli studenti di destra della Union nationale interuniversitaire e altri 830mila al sindacato anticomunista Force Ouvriere, contro i socialisti di Mitterrand.
E oggi tocca alla «valanga umanitaria».