Joseph Conrad aggiunse nel 1919 una Author’s note a Typhoon and Other Stories, il volume che era apparso presso l’editore Heinemann sedici anni prima, nel 1903. Nella nota Conrad offre al lettore un sommario conto intorno a ciascuna delle quattro storie.

Per quanto riguarda Tifone egli si sofferma sul personaggio del capitano MacWhirr che conduce la sua nave in porto affrontando il tifone senza deviare dalla rotta stabilita: «Una mente di gran lunga assai semplice per restare imbarazzata da alcuna cosa al mondo salvo che dalla umana chiacchiera senza scopo (men’s idle talk) per la quale non era adatta». E qui Conrad precisa: «Non sto dicendo di aver mai veduto in carne ed ossa il capitano MacWhirr, né d’essermi mai imbattuto nella sua mente priva di immaginazione (literal mind) e nel suo carattere intrepido (dauntless temperament). MacWhirr non è una conoscenza di alcune ore, di alcune settimane, di alcuni mesi. È frutto di vent’anni di vita. La mia propria vita (My own life)».

Al punto che, distingue Conrad, dichiara che il personaggio gli si presenta come il risultato della sua reale esperienza (actual experience) d’una intera vita e non come l’elaborato d’una invenzione consapevole (conscious invention). Per tale ragione, ribadisce, MacWhirr «è compiutamente autentico (perfectly authentic)».

Compiutamente autentico qui sta, pare a me evidente, per effettuale, l’equivalente di un dato di fatto: la realtà non scaturita da una esigenza narrativa, ma vidimata per iscritto, confermata come una regola, come una linea di condotta fatta propria, assimilata nel corso d’una vita. Quale regola, quale linea di condotta? Credo Conrad intenda il saper prender atto di un fatto nella sua effettuale realtà senza deformarlo, trasporlo, mutarlo a mezzo di parole che non hanno scopo, vane, idle.

Nelle prime pagine di Thyfoon così MacWirr ci viene presentato «fornito di immaginazione (imagination) quel tanto, e non di più, che gli bastava per bene condursi giorno dopo giorno, era un uomo tranquillamente sicuro di sé, e per la medesima ragione niente affatto presuntuoso. (…) per lui era impossibile darsi a una fuga di fantasia (take a flight of fancy)», interamente preso com’era «dalla realtà della semplice esistenza (the actuality of the bare existence)».

Apprendiamo che il capitano MacWhirr si muoveva tra i fatti compiuti, «i presagi per lui erano come un niente (omens were as nothing for him), ed era incapace di cogliere l’avvertimento di un indizio»: su di lui «l’idea di una eventualità lontana non poteva far colpo più di quanto non potesse la bellezza di un vasto panorama su un turista miope». Egli era «fedele ai fatti (facts), i soli che la sua consapevolezza (consciousness) potesse riflettere».

Non mancava di far rimostranze contro «l’uso di immagini nel parlare (the use of images in speech)». È che ad un fatto MacWhirr fa corrispondere un fatto, ovvero non immagina, ma interviene. Ogni fatto è una emergenza che chiede di essere affrontata nel modo giusto, cioè caso per caso, e riconosciuta per quello che è quando è. «Una tempesta è una tempesta, signor Jukes (A gale is a gale, Mr Jukes)» dice MacWhirr al giovane primo ufficiale, e «come puoi dire di che è fatta finché non la prendi?». «È solo per farvi vedere, signor Jukes, aggiunge MacWhirr, che tu non trovi tutto nei libri (that you don’t find everything in books)».

Ricorro alla lettura di Tifone con il proposito di cavarne insegnamenti che possano orientarmi nella comprensione della attuale situazione di estrema emergenza, imposta dalla presente epidemia che mette a repentaglio le nostre vite, che migliaia ne falcia nel mondo. Così constato: «Una epidemia è una epidemia». Essa è un fatto, è presente e attiva. Stare dunque al fatto, a questo fatto nel luogo e nel tempo del suo accadere e operare («certe cose non si trovano nei libri») tenendo una condotta commisurata.

«Voi non lasciatevi confondere da niente – continuò il capitano borbottando più in fretta. – Mantenete la prua al vento. Possono dire quello che vogliono, ma i marosi più forti vengono col vento. Prua al vento, sempre prua al vento, questo è l’unico modo di cavarsela. Siete un marinaio giovane. Tenete la prua al vento. È quanto basta. E nervi a posto».