Nel coro di proteste che si sono levate contro Yoshiro Mori, da ieri ex-presidente del comitato organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo, fatto dimettere per le sue dichiarazioni sessiste, hanno fatto breccia nell’opinione pubblica anche quelle di Beat Takeshi, ovvero Takeshi Kitano. Il comico e regista giapponese alcuni giorni fa si è spinto ancora più in là esprimendo il suo dissenso verso la volontà di portare avanti i giochi nella capitale nipponica in un periodo in cui il mondo è sconvolto dalla pandemia, dichiarando che l’evento sarebbe un uso insensato delle tasse della popolazione.

IL NOME di Kitano era finito sulle pagine di giornali e siti anche alcuni mesi fa, quando Netflix aveva annunciato Asakusa Kid, un film tratto dall’autobiografia di Kitano in cui racconta la sua vita agli inizi della sua carriera nel mondo dello spettacolo.
Sempre tagliente e mai banale, Kitano è uno dei volti più popolari, ma anche che più dividono, soprattutto grazie alla sua pluridecennale carriera di comico, presentatore televisivo ed attore del Paese. Come è noto, la carriera da regista arriva solo in un secondo momento e quasi per caso, nel 1989, quando Kinji Fukasaku abbandona Violent Cop e a Kitano, che era sul set in qualità di attore, vengono date le redini del film. Questa carriera che negli ultimi tre decenni gli ha dato molte soddisfazioni – soprattutto al di fuori dell’arcipelago e nei festival internazionali più prestigiosi – sembra sia destinata a concludersi.

Alcune testate giapponesi nei giorni scorsi hanno infatti annunciato che Kitano sta lavorando a Kubi, lungometraggio di cui dovrebbero iniziare le riprese il prossimo maggio e che dovrebbe essere, secondo voci non ufficializzate, il suo ultimo lavoro.

IN REALTÀ fra gli addetti ai lavori si bisbigliava già da qualche anno come a Kitano non interessasse più troppo il lavoro di regista, un po’ perché impegnato con altri interessi, un po’ forse per l’età, ma in parte anche perché probabilmente non era riuscito a trovare un progetto che lo stimolasse davvero. Nel 2018 aveva già dato segni di questo distacco dal mondo del cinema abbandonando Office Kitano, la società di produzione da lui fondata nel 1992, e che nel 2000 contribuì a lanciare anche FilmEx, quello che rimane ancora oggi, benché rimaneggiato, uno dei più importanti eventi cinematografici dell’arcipelago.
L’ultimo film del regista è al momento Outrage Coda, conclusione della trilogia dedicata al mondo della malavita nipponica uscito nel 2017, un buon lavoro che però non aggiunge nulla di nuovo al genere ed alla filmografia di Kitano, che ha avuto probabilmente il suo picco creativo durante gli anni ’90. Kubi, che avrà fra gli altri interpreti anche Ken Watanabe, è un lungometraggio ispirato da un libro scritto dallo stesso comico nel 2019, dove descrive gli eventi che portano all’incidente del tempio Honno-ji nel 1582, quando il daimyo Oda Nobunaga fu costretto a suicidarsi.

KITANO aveva espresso la volontà di realizzare un film di samurai già qualche decennio fa, quando in un intervista su Zatoichi (ancora oggi il film che più ha incassato in patria) puntualizzava come quest’ultimo non fosse un film di samurai, essendo il protagonista un massaggiatore abilissimo con la spada, ma che non appartiene alla suddetta classe. Nella stessa occasione aveva raccontato di stare lavorando ad un paio di soggetti che avevano come protagonisti Nobunaga Oda e Hideyoshi Toyotomi, due dei più importanti signori feudali del Giappone. Kubi sembra quindi essere qualcosa che arriva da lontano, e a cui Kitano tiene molto. Per questo se davvero si tratterà di un finale di carriera, la speranza è che sia all’altezza del personaggio e dell’impatto che il suo cinema ha avuto in tutto il mondo.