È morto il 28 marzo a Trieste, città dove era nato e nella cui università ha insegnato per molti anni, all’età di 84 anni, Giovanni Miccoli, uno dei più autorevoli studiosi di storia della Chiesa.
Storico rigoroso, era allergico e distante da un uso mediatico della storia utile a conquistare le prime pagine dei giornali o le «ospitate» nelle serate televisive, spesso a detrimento della serietà della ricerca. Non aveva tuttavia rinunciato a partecipare al dibattito pubblico e a esprimere giudizi sempre argomentati e mai acriticamente apologetici o aprioristicamente di condanna, come ad esempio quelli sulle contraddizioni del pontificato di Giovanni Paolo II o sulla virata anticonciliare di Ratzinger sia come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede che come papa Benedetto XVI.

Nato nel 1933 a Trieste, si è laureato all’università di Pisa in Storia medievale e poi diplomato alla Scuola normale superiore, dove è stato allievo, fra gli altri, del grande storico modernista Delio Cantimori, e dove ha insegnato Storia della Chiesa dal 1962 al 1967. Nel 1968 è tornato a Trieste, e lì – tranne una breve parentesi a Venezia – ha trascorso tutta la sua vita accademica, insegnando Storia medievale e soprattutto Storia della Chiesa. Ha fatto parte dei comitati scientifici di Cristianesimo nella storia e della Rivista di storia del cristianesimo comitato e della direzione di Studi storici, la pubblicazione dell’Istituto Gramsci.

DAL PUNTO DI VISTA politico-culturale è stato vicino all’area della sinistra cristiana, senza farne mai parte organicamente: negli anni ’70 e ’80 ha partecipato attivamente ai convegni di Bozze, la rivista diretta da Raniero La Valle quando era parlamentare della Sinistra indipendente nelle liste del Pci, mentre in anni recenti è stato più volte invitato a tenere relazioni ai convegni dei preti operai italiani (l’ultima volta nel 2011).
I suoi interessi storiografici hanno spaziato dal medioevo all’età contemporanea. Ha studiato la riforma gregoriana dell’XI secolo e ha scritto un importante volume su Francesco d’Assisi, pubblicato da Einaudi nel 1991 e recentemente riproposto da Donzelli (Francesco. Il santo di Assisi all’origine dei movimenti francescani, 2013). Prima, nel 1975, aveva dato un significativo contribuito alla monumentale Storia d’Italia dell’Einaudi con il lungo saggio Storia religiosa dall’alto Medioevo al ’500.
Ma il volume che probabilmente gli ha dato maggiore notorietà è stato I dilemmi e i silenzi di Pio XII (Rizzoli, 2000), uno dei primi libri a indagare il ruolo di papa Pacelli durante la Shoah. Negli ultimi anni si è occupato prevalentemente del papato contemporaneo, osservando con occhio critico ma sempre attento il pontificato di Wojtyla (In difesa della fede, Rizzoli 2007), la parabola di Ratzinger e il nuovo vigore del tradizionalismo cattolico (La Chiesa dell’anticoncilio. I tradizionalisti alla riconquista di Roma, Laterza, 2011).

UN IMPEGNO storiografico mai disgiunto dalla militanza civile. Nel 2011, Miccoli è stato promotore di un appello «Contro i lager italiani» (i Cie); e nel 2014 ne ha firmato un altro, promosso dal movimento Noi Siamo Chiesa, per la «riabilitazione» di Ernesto Buonaiuti, prete e storico modernista, scomunicato, espulso dall’università da Mussolini perché non aveva giurato al fascismo, mai riammesso per l’applicazione retroattiva di una norma dei Patti lateranensi che prevedeva il divieto, per un prete scomunicato, di occupare una cattedra in un’università statale.
«Voglio ricordare in particolare due aspetti della ricerca di Miccoli – spiega Daniele Menozzi, docente di Storia contemporanea alla Normale di Pisa e curatore (insieme Giuseppe Battelli) di un volume dedicato allo studioso appena scomparso (Una storiografia inattuale? Giovanni Miccoli e la funzione civile della ricerca storica, Viella, 2005) – L’attenzione al papato nel lungo periodo e al suo ruolo nel voler orientare la presenza dei cattolici nella storia e nella società. E, in maniera speculare, l’attenzione alle alternative, per esempio Francesco d’Assisi, e alle proposte di chi nella Chiesa ha seguito un percorso meno istituzionale e più evangelico».