Il piombo è chimicamente nocivo e per di più molto resistente alla corrosione. A distanza di 40 anni, nonostante tutto, a Padova incarna una stagione mai del tutto «riconciliata» con il presente. Anzi, proprio lo spettro degli «anni di piombo» riappare, puntuale e sintomatico, non appena il conflitto mette spalle al muro poteri e rappresentanze istituzionali. È la coazione a ripetere («contestatori violenti» pericolo per la «democrazia») indispensabile alla sopravvivenza della «buona e brava gente della nazione», rimuovendo le urticanti ragioni dei movimenti. Il refrain dell’altro secolo non si è arrestato nemmeno con il debutto della «coalizione civica» al governo del Comune…

IN QUESTO CONTESTO sclerotizzato, è davvero utile riflettere sulla tesi di laurea di Giulia Princivalli – nata nel 1993 – che si applica bene alla ricostruzione storica di una sorta di stigma mai superato. Con Padova di piombo. Lo scontro fra Pci e Autonomia Operaia negli anni ’70 (Alba Edizioni, pp. 102, euro 10) restituisce, appunto, l’irriducibile stereotipo del muro contro muro che occulta perfino i tatticismi più o meno elettorali. Giusto per la cronaca: Flavio Zanonato, che fu in prima fila nella gestione del «teorema 7 aprile» (come ha ricordato Umberto Contarello), nel 2004 da sindaco appena rieletto sale sul palco di Sherwood Festival.
Ma i quattro capitoli del libro offrono esattamente lo scenario di un’epoca che nella «Milano del Veneto» ha visto abortire tanto il partito che si fa Stato, quanto la rivoluzione del potere operaio. C’è il Pci padovano che difende l’egemonia sulla sinistra a dispetto dei fermenti che vallidilagano nella società. E c’è il magma dell’Autonomia che esplode ben oltre la Facoltà di scienze politiche. Già prima del 1977 la rotta di collisione appare segnata, tanto più in una «città-rana» che si è gonfiata con l’Università di massa (senza adeguati spazi e servizi) e con il «modello veneto» delle fabbriche all’ombra del campanile (destinato a rivelarsi con i piedi d’argilla).

Giulia Princivalli squaderna, documenta, ricostruisce la cronaca che azzera ogni dialettica fra Palazzi e piazze, Capitale e operaismo, Progresso e popolo, Potere e gioventù ribelle. Rimane solo sullo sfondo l’intreccio della Padova bigotta, democristiana, salottiera, lobbistica e baronale che ne uscirà indenne e si perpetuerà nel «governo della sussidiarietà» nel Duemila.
Il punto di non ritorno, non solo per la storiografia, è sempre datato 1979 con la «supplenza giudiziaria» di Pietro Calogero nei confronti di Toni Negri e centinaia di militanti. Dal punto di vista del diritto, il fascicolo d’inchiesta non regge alla verifica del giudice istruttore Giovanni Palombarini e l’equivalenza Autonomia uguale Brigate Rosse cadrà nei processi. È proprio qui che, finalmente, si apre lo spiraglio di un’altra prospettiva: l’appello «garantista» dei 55 intellettuali fra cui Eco, Bocca, Cacciari, Fofi e Rodotà; il lavoro da cronista di Rossana Rossanda alle udienze nell’aula bunker; la testimonianza di Luciana Castellina sul «dissenso dissennato» e sulla «repressione riformista».

COSÌ PRINCIVALLI nel suo lavoro, di fatto, sconfina ben oltre il perimetro della prefazione di Marco Almagisti. Tanto che prima sintetizza così il braccio di ferro: «Da un lato il Pci con una struttura centralista e una politica riformista per accreditarsi agli occhi degli Usa come affidabile e democratico. Dall’altro Autonomia Operaia che rimetteva in discussione le vecchie strutture partitiche burocratiche e che basava la sua politica su nuove figure sociali emergenti (i giovani precari, i disoccupati, le donne), abbandonando la figura dell’operaio-massa».
Infine, ammonisce: «Dal punto di vista teorico credo che questo scontro sia ancora aperto e, anzi, potrebbe essere attuale. Alla luce della grande crisi potrebbero essere riproposte con forza molte analisi degli operaisti e alcune delle critiche che gli autonomi e gli altri gruppi dell’estrema sinistra muovevano al Pci». Se proprio Padova ambisce oggi al ruolo di «laboratorio» non può che dimostrarsi libera nei movimenti verso il futuro e affrancata dai fallimentari vitalizi dei politici plumbei.