Potrebbe finire anche così: le aziende del trasporto di cibo in bicicletta via algoritmo [Food delivery]recepiranno la nuova legge sui ciclo-fattorini [riders], approvata in un emendamento del governo al Dl «Salva imprese». In mancanza di un preciso riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato, necessario per riconoscere i diritti e le tutele a questo segmento del lavoro digitale nello svolgimento della prestazione, queste aziende potranno optare tra due soluzioni: la prima riconosce l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Così si potrà applicare queste tutele: compenso definito in base ai contratti collettivi; previdenza e assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; congedi parentali; divieto di discriminazione; protezione dei dati personali; indennità integrativa per il lavoro notturno; festivo o in condizioni meteo sfavorevoli.

Oppure, ed è la seconda ipotesi, le aziende potranno non riconoscere lo statuto di lavoratori subordinati, e dunque tratteranno i riders come lavoratori occasionali a cui saranno garantite alcune tutele minime. Qual è la differenza? Nel primo caso i lavoratori sono «subordinati» quando svolgono le loro mansioni, il che non esclude che siano «autonomi» nello scegliere tempi e modalità dell’impiego. L’incontro tra queste esigenze avviene attraverso la negoziazione tra l’impresa e il lavoratore. Eventualità che oggi manca, e viene riconosciuta mediante il vincolo della subordinazione. Nel secondo caso, quello del lavoro occasionale, i riders resteranno in sostanza lavoratori autonomi che svolgono servizi per le piattaforme e possono scegliere quando, quanto, dove svolgere l’attività.

Come ha ricordato Marco Grimaldi, consigliere regionale della sinistra (LuV-Si) in Piemonte a cui si deve un’iniziativa legislativa in parte ripresa dalla norma nazionale, il doppio regime licenziato dal parlamento tra riders «continuativi» e riders «occasionali» spingerà le imprese a scegliere le tutele più deboli, facendo lavorare tutti come lavoratori occasionali. Non è auspicabile, ma è una valutazione realistica considerata la durezza del mercato del lavoro, in particolare quello dell’economia dei cosiddetti «lavoretti» [gig economy] . È già successo: il passaggio dai contratti co.co.co. (tramite appalto) alle prestazioni occasionali con il cottimo, mentre i lavoratori svolgono la stessa attività. È una delle ragioni d’essere delle piattaforme digitali: la regola nel food delivery è la declassificazione di un lavoro subordinato in uno tendenzialmente autonomo con sfumature di para-subordinazione.

Morale: il lavoratore – cuore dell’intero processo disegnato nell’industria della logistica leggera metropolitana – resterà in una zona grigia dove il lavoro del cottimo digitale si alterna con il pagamento a consegna. Era proprio quello che le lotte condotte dai collettivi autonomi del sindacalismo sociale dei riders, e con loro anche i sindacati di base e i confederali, avevano chiesto di scongiurare.

Ci ritroviamo in una terra di mezzo dove una parte sostanziale dei diritti sarebbe riconosciuta, anche se continua a mancare il veicolo che permette a tali diritti di raggiungere la loro legittimo titolare: la forza lavoro. Dopo tanto rumore, e retorica sui «precari», quello che resterà sono le coperture Inail e Inps. Non è poco, ma siamo lontani dalla risoluzione del problema.

Particolare, non secondario, è il tempo di approvazione delle misure stabilite. Il governo «Conte Uno, dopo più di un anno, aveva approvato ad agosto, prima di cadere, un decreto sostenendo la sua urgenza. Quali sono oggi i criteri di urgenza di un decreto che stabilisce un periodo di 12 mesi per definire un contratto nazionale (la logistica?) senza il quale è previsto il divieto del lavoro a cottimo e l’agganciamento della paga oraria ai minimi tabellari? Un anno dall’approvazione è un’eternità.

I riders continueranno la loro lotta. Cambiando le maglie, da gialloverdi a giallorosse, alla politica italiana continua a mancare il coraggio. Nonostante il nome dell’omnibus «Salva imprese», il capitalismo digitale non ha bisogno di essere «salvato», risparmiando sulla forza lavoro.