Lo avevamo apprezzato per le sue riletture shakespeariane, spesso condensate in un corpo-voce prismatico e corale, ma anche per gli scavi nella sua terra brindisina, nella quale torna ora per completare la Trilogia della provincia. Oscar De Summa con la sua ultima opera, La sorella di Gesucristo, si conferma autore-attore-regista di grande spessore, generoso e libero da autocompiacimenti, che arriva alla maturità artistica volgendo lo sguardo indagatore agli anni Ottanta, quelli della sua adolescenza in un piccolo paese, Erchie, i cui abitanti si chiamano ercolani. E una forza erculea De Summa l’ha mostrata al Kilowatt Festival, per sovrastare i vocianti avventori di bar e gelaterie nella piazza della Torre di Berta.

Dal palco, montato nel cuore del borgo, prende forma la storia di Maria, splendida adolescente violata, che decide di impugnare una pistola, la Smith&Wesson nove millimetri regalata alla famiglia da uno zio d’America e dimenticata carica in un cassetto, e sparare al suo stupratore. La lunga camminata di Maria verso la casa del maschio in questione, diventa occasione per costruire un paesaggio affollato di figure umane consegnate a tutto tondo attraverso alterazioni vocali e cambi di microfono, con una lingua dialettale piena di iperboli. Com’era stato l’anno scorso con Stasera sono in vena, i conosciuti brani musicali diventano anche qui materiale drammaturgico evocativo.

Il flusso monologante è interrotto dai disegni di Massimo Pastore proiettati sul fondale, quasi a rendere il racconto anche per immagini. Una graphic novel in bianco e nero, dal tratto grosso ma al tempo stesso non invadente, con i volti appena accennati, come a lasciare il loro compimento alla fantasia di ciascuno spettatore.

Mentre Maria cammina, voci di uomini e di donne si levano dalla folla che la guarda e la segue, commentando il suo aspetto e quell’inaspettata intenzione di affrontare il carnefice, fino a virare decisamente dentro l’universo femminile, che proprio in quegli anni Ottanta raccoglieva i frutti delle lotte per l’emancipazione del ventennio precedente e di una presa di coscienza si spera irreversibile. Incisivo il quadro della madre dello stupratore che all’inizio grida e si oppone all’incedere di Maria, ma poi le cede il campo condividendone le ragioni.
Oscar De Summa, per il suo nuovo spettacolo, ha compiuto una ricerca antropologica e sociale complessa, chiara e coinvolgente per il buon uso dei linguaggi, nonostante la narrazione sia ormai una forma teatrale consumata.