Il direttore del Festival di Cannes Thierry Fremaux ha dichiarato che la selezione ufficiale è molto internazionale. Un tempo si sarebbe detto: excusatio non petita, accusatio manifesta: in realtà, con ben 12 film, si tratta di una delle edizioni più franco-francesi di sempre.Tra i più attesi, c’e il nuovo Leo Carax. Entrato nel cinema come un ladro e sotto falso nome, Carax si è preso il cinema francese scuotendo l’atmosfera ammuffita degli anni ’80 con un immaginario notturno, sensuale e poetico. È il cineasta che più di tutti ha cercato di far confluire nel grande schermo il tono e i temi del rock e da lui si aspetta sempre qualcosa di diverso. Negli anni 2000 era scomparso, o confinato in qualche strano corto metraggio. Era riapparso, proprio a Cannes, nel 2014 con un diluvio di idee, personaggi e luoghi, dal titolo Holy Motors. Il nuovo film invece si chiama Annette. È al tempo stesso un musical e un film sul musical. È girato in inglese e nel cast troviamo Marion Cotillard e Adam Driver, attore più che poliedrico, a suo agio in ogni genere di film.
Se Annette è un film francese in inglese, Benedetta è il secondo film francese di un cineasta hollywoodiano, e prima ancora olandese, e che da qualche anno sembra conquistato al cinema transalpino. Paul Verhoeven adatta il libro Immodest Acts della storica Judith C. Brown sulla vita di una monaca del XVII secolo processata per « sodomia ». La santa è interpretata dall’attrice belga Virginie Efira. Nel cast ci sono anche Lambert Wilson e Charlotte Rampling.

ANCHE IL FILM di François Ozon, Tout s’est bien passé, è una storia con al centro un personaggio femminile portato da Sophie Marceau. Recentemente in sala con il bel Estate 85, Ozon affronta qui il tema dell’eutanasia.
Dopo un giro nel western, con i Fratelli Sisters, Jacques Audiard ritorna nel profondo sud est parigino con Les Olympiades, dal quartiere esperimento di urbanistica degli anni 1970, creato con l’obiettivo di ottenere una mixité sociale. La sceneggiatura adatta il fumetto di Adrian Tomine, Les Intrus (gli intrusi). Profondo nord invece per Mia Hansen-Love che gira un film nell’isola famosa per essere stata fonte di ispirazione di Ingmar Bergman. Il film si chiama, senza sorpresa, Bergman Island.

Il suo precedente, Plus fort que les bombes, era stato selezionato in competizione ufficiale nel 2015: Joaquim Trier è di nuovo in concorso con Julie (en 12 chapitres). Prima selezione ufficiale invece per Julia Ducournau, che nel 2016 aveva fatto molto parlare di se alla Semaine de la critique con un primo film di genere: Grave. Il nuovo film si chiama Titane, è la storia di un bimbo ritrovato dieci anni dopo il suo sequestro.
La Francia in concorso è anche la francofonia belga e marocchina. Joachim Lafosse arriva in concorso con un lungometraggio sulla bipolarità, Les intranquilles. Nabil Ayouch porterà in sala un film a ritmo di hip hop, Haut et Fort. Ma la Francia è anche France, il nuovo film di Bruno Dumont con Lea Seydoux nel quale il regista di L’Humanité (1999) e Flandres (2006) adatta il romanzo di Chales Péguy Par ce demi-clair matin, storia di un giornalista che cade in disgrazia. Con Benjmain Biolay e Blanche Gardin, è uno dei titoli che guarderemo con interesse particolare.

FUORI dai confini della competizione ufficiale, alla Quinzaine des réalisateurs, il cinema francese apre le danze un film del romanziere e regista Emmanuel Carrère che porta sul grande schermo il saggio della giornalista Florence Aubenas Le quai de Ouistream. Nel cast, Juliette Binoche, Hélène Lambert, Léa Carne. Il resto della programmazione è soprattutto di coproduzioni. Con la Germania (Les Magnétiques di Vincent Maël Cardona). Con il Libano (Face à la mer d’Ely Dagher. Con il Kossovo (La Colline où rugissent les lionnes di Luana Bajrami).
Così come la Semaine de la critique, dove la Francia è soprattutto presente nelle coproduzioni con altri paesi, francofoni e no : l’Egitto, la Grecia, l’Ucraina. Ma anche con due film franco-francesi: Noir Soleil di Marie Larrivé e Soldat Noir di Jimmy Laporal-Trésor. Uno sguardo particolare meriterà di certo l’ACID, la programmazione più estroversa, dove spesso si trovano belle sorprese ; aprirà anch’essa con un film francese (e belga): Aya di Simon Coulibaly Gillard.