Una sconfitta che rivela la natura di questa Europa
Grecia Una netta sconfitta, senza se e senza ma. Chiunque abbia sostenuto con passione, empatia, solidarietà e intensità la durissima lotta del popolo greco e del governo di Siryza di fronte […]
Grecia Una netta sconfitta, senza se e senza ma. Chiunque abbia sostenuto con passione, empatia, solidarietà e intensità la durissima lotta del popolo greco e del governo di Siryza di fronte […]
Una netta sconfitta, senza se e senza ma. Chiunque abbia sostenuto con passione, empatia, solidarietà e intensità la durissima lotta del popolo greco e del governo di Siryza di fronte all’oligarchia che detta legge nell’Unione europea credo debba con altrettanto coraggio, amarezza e rabbia prenderne atto. È anche l’unico modo per ripartire con nuove consapevolezze.
Il «memorandum» – di questo si tratta – è una nuova pesantissima gabbia alla sovranità del popolo greco, nonché la prosecuzione del massacro sociale di un popolo stremato, ma mai domo, di cui si è voluta colpire la dignità, dimensione non monetizzabile, sconosciuta e pertanto temuta dai tecnocrati europei.
Occorre guardare in faccia alla realtà: il cosiddetto accordo prevede un avanzo di bilancio del 3,5% crescente in un paese che ha visto il suo Pil crollare del 25% in cinque anni (l’equivalente del crollo del Pil della Germania durante la seconda guerra mondiale); il ritiro delle leggi per l’occupazione approvate e la totale liberalizzazione del mercato del lavoro, con la possibilità dei licenziamenti collettivi; la costituzionalizzazione del fiscal compact e del pareggio di bilancio, l’aumento dell’Iva e il taglio delle pensioni, l’incredibile messa a garanzia di 50 miliardi di beni pubblici da privatizzare (i cui primi 25 miliardi andranno direttamente alle banche e i secondi verranno divisi tra riduzione del debito pubblico e investimenti).
Il tutto con il rientro a pieno titolo della Troika che detterà l’agenda legislativa del governo greco e l’esclusione netta di ogni ipotesi di taglio nominale del debito, unica possibilità di allentare il nodo scorsoio che strozza – e continuerà a strozzare- il popolo greco.
L’accordo è incommensurabilmente peggiore di quello proposto dal presidente della Commissione europea Juncker e giustamente respinto dal popolo greco nel referendum. «Not with tanks, but with banks» (Non con i carri armati, ma con le banche), così dicono giustamente in Grecia per indicare quello che è stato un vero colpo di stato e che disvela, forse per la prima volta in maniera così netta, la natura dell’attuale Ue.
Un’Unione che non solo è ademocratica, ma considera come nemico assoluto la democrazia: la parola data al popolo greco da parte del governo di Siryza è stata considerata un’intollerabile provocazione a cui rispondere con la vendetta più feroce possibile. Un’Unione europea che ha fatto degli interessi dei grandi capitali finanziari e del loro bisogno di espandersi sull’economia, la società, la natura, mercificando l’intera vita delle persone, il vero timone della propria politica, costruita trattato dopo trattato e alimentata con la trappola-shock del debito pubblico per soggiogare le popolazioni attraverso l’austerità. Un’Unione europea che si prepara a cristallizzare queste politiche rendendole «oggettive» e «indiscutibili» attraverso il Ttip, il trattato finalizzato a realizzare l’area di libero commercio più grande del pianeta al completo servizio delle multinazionali europee e statunitensi.
Anche su questo occorre un nuovo coraggio: un’Unione europea che alimenta una guerra militare dentro i propri confini, che non riesce a dare una risposta di civiltà a 75 migranti appesi da più di un mese ad una scogliera a Ventimiglia, che risponde con la dittatura finanziaria ad un popolo che rivendica dignità è un’Unione irriformabile.
Non si tratta banalmente di rispolverare il tema euro/no euro (a mio avviso un’arma di distrazione di massa), né di dimenticare l’orizzonte europeo come dimensione politica, sociale e culturale: si tratta di dire a chiare lettere che, proprio per conquistare quella dimensione, questa Unione europea va combattuta alle radici, aprendo una battaglia diretta per il ripudio del trattato di Maastricht e successivi, per l’abolizione del debito e per un nuovo processo costituente europeo, partendo non più dall’«Europa dei popoli» ma dai «popoli dell’Europa». Una battaglia che non può avere scorciatoie sovraniste e/o nazionaliste, ma che deve investire l’intera dimensione continentale, prefiggendosi da subito l’obiettivo di definanziarizzare la società, rivendicando, contro chi parla di pareggio di bilancio finanziario, la priorità del pareggio di bilancio sociale e ambientale, contro chi parla di deficit della bilancia commerciale, la priorità della chiusura del deficit di diritti in cui vive la maggioranza delle popolazioni. E pretendendo da subito democrazia. A partire dal popolo greco, cui credo vada ridata subito la parola sul proprio futuro.
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