Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, visti i dati del vostro ultimo rapporto sulla disuguaglianza cosa chiedete ai grandi riuniti a Davos?

Poniamo innanzitutto il tema del salario dignitoso: bisogna recuperare il trend negativo degli ultimi 30 anni che ha visto premiare maggiormente la produttività e i redditi da capitale a scapito del lavoro. Si dovrebbe introdurre un salario minimo legale nei Paesi dove non c’è, consentire l’azione del sindacato, contrattare collettivamente per chi non ha tutele, porre un tetto agli stipendi dei manager: non oltre 20 a 1 rispetto al lavoratore.

Il fisco può aiutare?

È uno dei punti forti delle nostre richieste. Bisogna aumentare la progressività fiscale e adottare misure efficaci di contrasto all’evasione ed elusione: nei paesi del Sud del mondo queste ultime pesano per 170 miliardi di euro l’anno, cifra pari agli aiuti pubblici globali ai paesi in via di sviluppo. Il fisco, in questi paesi, dovrà coprire di più la spesa pubblica, la sanità, il welfare, l’istruzione. Non si potrà sconfiggere la povertà se non ci sarà una redistribuzione e se la disuguaglianza non diminuisce.

A proposito di fisco: il colosso statunitense Walmart ha dichiarato di aver aumentato il salario orario dei suoi dipendenti grazie agli sgravi varati dal presidente Donald Trump. Benefici ai lavoratori potrebbero venire anche da politiche ultra-liberiste?

Dipende tutto dai livelli di partenza, ma il rischio è che un fatto del genere sia utilizzato in modo strumentale. Se la distribuzione dei profitti è già molto diseguale in una azienda, non bastano piccole azioni a correggerla. Lo spiego con un dato del nostro rapporto: un terzo del volume dei dividendi versati agli azionisti nel 2016 dai 5 principali marchi mondiali – 2,2 miliardi di dollari – basterebbe a far percepire un salario dignitoso ai 2,5 milioni di vietnamiti impegnati nella filiera dell’abbigliamento. Gli azionisti sono pronti a rinunciare a dividendi così ricchi?

E in Italia come si potrebbe rendere più equo il fisco?

Anche nel nostro Paese la disuguaglianza è cresciuta negli ultimi 30 anni, e a fronte di un incremento del reddito di ben il 30% per il 10% più ricco della popolazione, abbiamo avuto un aumento del solo 1% per il 10% più povero. Ma per un sistema maturo come il nostro, con una imposizione fiscale già piuttosto alta, devi agire soprattutto sul qualificare la spesa pubblica, tentando di aumentarla e non certo tagliarla in settori come la sanità e l’istruzione. Per la scuola, siamo tra i paesi che spendono meno in percentuale sul totale della spesa pubblica. E per quanto riguarda la salute, negli ultimi 10-15 anni si è avuto un trasferimento di costi progressivo sui cittadini, mentre una parte crescente della popolazione non riesce più a curarsi.

Dovremmo agire sulle aliquote? C’è chi addirittura sta proponendo la «flat tax» nell’attuale campagna elettorale.

La flat tax andrebbe contro il principio di progressività, che non dobbiamo comunque vedere esclusivamente come un problema di aliquote. Sarebbe anche importante poter recuperare tanti imponibili che negli anni si sono sottratti alla tassazione, inclusi i redditi delle multinazionali che eludono il fisco. Faccio un esempio: il Rei, il reddito di inclusione introdotto dal governo, la misura più grossa varata negli ultimi anni contro la povertà, è costato nel bilancio di quest’anno 2 miliardi di euro. Cifra che non rappresenta neanche il 2% dei 110 miliardi evasi ed elusi ogni anno nel nostro Paese.

No alla «flat tax», quindi, ma sì al salario minimo legale. E su proposte come l’eliminazione delle tasse universitarie, o sul reddito di cittadinanza, avete elaborato degli studi o una vostra posizione?

Come Oxfam non abbiamo approfondito questi temi nello specifico, ma quel che possiamo dire è che se si lavora per aumentare le competenze dei nostri giovani si va nella giusta direzione, implementando però nel contempo anche gli strumenti di inserimento al lavoro. Quanto al reddito di cittadinanza: il principio dell’aiuto in sé non è sbagliato, ma si deve sempre investire sulle relazioni sociali della persona e sul suo reinserimento lavorativo, come si è fatto con il Rei. La nostra prossima sfida sarà quella di monitorare ogni anno i risultati dei governi sulla lotta alla disuguaglianza: non dimentichiamo che tra i 10 indicatori del Bes – il benessere economico e sociale – inseriti da quest’anno nel Def c’è anche quello sulla disuguaglianza. Tema che l’Oxfam indica da anni, prima ignorato, e che ora è finito nelle agende di tutti i partiti, da sinistra a destra. Infine lavoreremo sulla sensibilizzazione dei consumatori rispetto alle filiere produttive.