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In un’affollata sala dell’Istituto Luigi Sturzo di Roma il presidente dell’Anpi nazionale Carlo Smuraglia ha presentato insieme all’ambasciatore tedesco nella capitale Reinhard Schafers, a Carlo Lo Cascio, della Direzione generale per l’Ue del ministero degli Esteri, e a Paolo Pezzino, responsabile della ricerca, i primi risultati del progetto congiunto italo-tedesco di realizzazione di un «Atlante delle stragi nazifasciste in Italia» che si concluderà il prossimo anno e che vede impegnati 90 ricercatrici e ricercatori in tutte le regioni d’Italia .

Si tratta di un grande censimento nazionale comprendente circa 3.800 episodi di violenza contro i civili, non solo stragi di massa ma anche uccisioni individuali o brutalità su più persone, che si propone di ricostruire storie, vicende e identità delle oltre 15.000 vittime civili italiane dell’occupazione nazifascista.
La realizzazione dell’Atlante compone uno strumento fondamentale per la ricerca e allo stesso tempo solleva questioni di rilievo sul piano del rapporto tra storia, sfera pubblica e identità collettiva. A fianco della sua finalità «politica», ricostruire una rappresentazione comune italo-tedesca degli eventi del 1943-1945 che miri alla «riconciliazione senza oblio» come dichiarato da Schafers, l’iniziativa guarda alla ricomposizione delle tante memorie locali e a una loro collocazione codificata nel quadro macro-storico della seconda guerra mondiale.

A settant’anni dalla fine del conflitto si pone la necessità di affrontare, con gli strumenti metodologici della ricerca, il tema delle memorie di singole comunità e individui disponendole entro una dimensione storica capace di formulare ricostruzione dei fatti, rappresentazioni di senso e interpretazioni degli eventi che superino la misura temporale della testimonianza (destinata a scomparire con i sopravvissuti dell’epoca, i parenti delle vittime e gli stessi carnefici) e la traducano in storia nazionale conosciuta e conoscibile ai cittadini di nuova generazione.

Dopo gli anni della vergogna in cui l’Italia, in ossequio alla ragion di Stato e agli equilibri geopolitici della Guerra Fredda, chiuse gli armadi delle stragi, assoldò nei servizi segreti criminali di guerra come Karl Hass o favorì la fuga di Herbert Kappler in Germania.

Dopo la fase delle inchieste giornalistiche (celebre quella di Franco Giustolisi) e dei processi giudiziari portati a termine dai giudici militari Antonio Intelisano e Marco De Paolis.

Dopo l’inevitabile commissione d’inchiesta parlamentare, sugli storici, che ormai da vent’anni lavorano sul tema, ricade il compito della sintesi della complessità di quegli eventi.

Al non sempre lineare ed armonizzabile rapporto di relazione tra storia e memoria si associa, dunque, la responsabilità della trasmissione del passato come conoscenza critica e strumento di indipendenza culturale. Ed è su questo terreno che va dato atto dell’impegno dell’Anpi nazionale e dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione per la promozione di un’iniziativa in grado di guardare non tanto al rafforzamento delle formule retoriche del «affinché non accada mai più» o «per non dimenticare», che sempre risuonano durante le celebrazioni di anniversari o ricorrenze, quanto alla costruzione di una misura analitica e circostanziata capace di fornire strumenti conoscitivi della contemporaneità e dispositivi in grado di formulare al nostro «passato che non passa» domande pertinenti per interpretare un incerto presente.