Dopo il grande successo dello scorso anno della mostra sulla rivoluzione del 1917 il Museo Statale di Storia Contemporanea di Mosca (sempre in collaborazione con la Galleria Tretjakovskaja e il Ministero della Cultura della Federazione Russa) ha voluto scommettere quest’anno su una retrospettiva incentrata sulla vicenda della Guerra Civile Russa (1918-1922) a cento anni dei suoi esordi. Una scommessa crediamo essenzialmente vinta sia dal punto della qualità della proposta sia dal punto di vista delle presenze (oltre 500mila da giugno).

LA NOVITÀ più significativa dal punto di vista storiografico è contenuta già nel titolo: Tre colori della verità. Per la prima volta infatti non vengono solo proposti documenti, manifesti, armi e dipinti degli eserciti di bianchi di Denikin e Kolchak e di quello russo di Trotsky, ma anche di quel terzo campo anarchico ucraino di Nestor Machno troppo spesso obliterato e emarginato dalle ricostruzioni del passato. Un movimento complesso, definito verde per il suo carattere contadino anche se in qualche caso venato di accenti antisemiti. Così grazie a questa intuizione degli ideatori della manifestazione, nelle sale del terzo piano del museo si possono apprezzare non solo veri e propri cimeli come il colbacco indossato dal generale Budenny celebrato ne L’armata a cavallo di Isaak Babel’ o la sciabola di Kolcak ma anche il giubbotto antiproiettile usato da Machno nel corso dei combattimenti. Tra gli oggetti di culto segnaliamo la tacanka, tank ante litteram, una carrozza a cavalli sormontata da mitragliatrice inventata proprio dagli anarchici ucraini ma poi utilizzata anche dall’Armata Rossa fino al 1930. Di assoluto interesse anche la parte pittorica della rassegna. L’entrata dell’Armata Rossa in Krasnoyarsk, l’opera più celebre di Nikolaj Nikonov, è uno straordinario olio su tela datato 1923. Molti gli acquarelli, le prove e anche olii su cartone che riproducono aspetti della vita quotidiana dei soldati dell’Armata Rossa, come il dipinto di K. Petrov-Vodkin Dopo la battaglia in cui uomini dell’esercito rosso siedono in profonda riflessione, ricordando i loro compagni caduti, realizzata in morbidi toni marroni e blu.

AMPIA anche la sezione dedicata ai manifesti agit-prop dei rossi (molti dei quali nel frattempo sono entrati grazie al lavoro di ricerca e selezione di David King nella storia dell’arte contemporanea) in cui spiccano illustratori come Dmitrij Mel’nikov (1889-1956), Michail Avilov (1882-1954), Kazimir Malevic (1879-1935), Vladimir Lebedev (1891-1967). Presenti anche manifesti propagandistici dell’Esercito bianco. Meno convincente invece la selezione dei documenti manoscritti visto i possenti archivi su cui i curatori avrebbero potuto attingere.

SEGNALIAMO comunque una lettera di due pagine di Lenin manoscritta con cui si respingono le dimissioni di Trotsky dalla direzione dell’Armata Rossa e un telegramma inviato a Machno da alcuni suoi collaboratori. In più di uno spazio è possibile godersi rari o inediti filmati della guerra civile e persino alcuni film della poco conosciuta tradizione far-east sovietica speculari e affascinanti come quelli americani sulla guerra di secessione.