Ci sono degli eventi culturali in Italia che restituiscono la speranza che qualcosa si possa ancora salvare in un panorama di sprechi, mazzette e miliardi assegnati a chi non li merita, mentre chi lavora bene riceve le briciole. L’Ischia Film Festival è una di queste realtà, soprattutto se si pensa alla minuscola quota decimale di fondi che riceve rispetto all’altro più noto evento isolano, gratificato da cifre astronomiche pur non avendo sull’isola, o sul cinema, una vera ricaduta.
Giunto alla dodicesima edizione l’Ischia Film festival è un «International Location Film Festival», ovvero, come verrebbe da dire sbrigativamente, un evento dedicato al cineturismo, alle molteplici attività delle Film Commission regionali e locali, fiorite ovunque in Italia e nel mondo. In effetti all’interno del festival si svolge anche un convegno internazionale condotto da Ciro Cinetiempo, su «L’opportunità di promuovere i prodotti tipici del territorio attraverso l’audiovisivo», quello che si è scoperto con film quali Resistenza naturale di Nossiter, o In grazia di Dio di Winspeare (presente nel cartellone), e che si dovrebbe fare oggi. Ma non si tratta di questo.
Difatti il festival, per bocca del suo direttore artistico Michelangelo Messina, parla di cineturismo in termini di «identità culturale» piuttosto che di una vetrina per bei paesaggi – come dimostra l’inclusione nel programma di Il Sud è niente di Fabio Mollo, e soprattutto di Piccola Patria di Alessandro Rossetto. O di La luna su Torino di Davide Ferrario, che mostra un capoluogo piemontese quasi irriconoscibile, magicamente cinematografico.
Il programma offre anche una selezione internazionale di corti e documentari, sempre focalizzati su territorio e identità culturale, con una sezione di denuncia: Location negata mostra gli scempi che l’uomo fa sul territorio o sul tessuto sociale ad esso connesso. Dal degrado di Genova alle contraddizioni di Taranto; dal ghetto nero dei raccoglitori in Puglia alla fuga dalla Siria distrutta;dai sobborghi di Napoli, tra contrabbando e sogni musicali, alle dighe nella Patagonia cilena, all’aumento vertiginoso dei prezzi immobiliari a Berlino.
Ci sono quest’anno alcuni omaggi speciali: a Nelson Mandela con Goodbye Bafana di uno degli «amici» del festival Bille August, a Eduardo De Filippo con un suo film e il corto Incontro con Eduardo di Nello Mascia, e un tributo al poliedrico Arnoldo Foà, con Almeno io Fo…à’ di Alan Bacchelli e Lorenzo degli Innocenti. Oltre a presenze illustri come il documentarista (e assistente di Custeau) Thierry Ragobert che presenta Amazonia, e Amos Gitai con Ana Arabia. Non manca un pizzico di mondanità con l’attore di Beautiful, Sean Kanan, che si propone in Failing Hope di Mark Blanchard.
Una sezione è dedicata al Nord Europa, con il norvegese North in the Sun, gli islandesi Of Horses and Man e Whale Valley e il finlandese Things We Do For Love. Il programma può sfruttare «la più bella location festivaliera al mondo», come dicono tutti gli ospiti quando vi giungono: il castello aragonese. Le proiezioni avvengono infatti in diversi spazi del castello: la suggestiva cattedrale barocca dell’Assunta, col suo soffitto sfondato, il piazzale delle Armi, il Terrazzo del Convento e, da quest’anno, anche la Chiesa di S.Pietro in Pantaniello. Un percorso a saliscendi a rincorrere un film, una presentazione, un sorprendente esordio, davanti al panorama, fuori di retorica, spettacolare di Ischia. E anche questo è un piccolo miracolo culturale ischitano. Il monumento è gestito da privati, essendo stato acquistato dalla famiglia Mattera nei primi del Novecento, quando era un cumulo di rovine. É stato restaurato per gradi, senza fondi pubblici, ma finanziandosi con il percorso turistico al suo interno, e ora con un ristorante e un albergo di qualità’, che utilizzano i prodotti dell’orto biologico creato sul cucuzzolo, incluso un vino eccellente. Rispetto per il territorio e la sua cultura coerenti nella forma , come nei contenuti del festival, che ha dovuto creare un «Friends’ corner» per ospitare film e progetti di chi, venuto una volta, vuole a tutti i costi tornarci.