Elham ha poco più di trent’anni, è affascinante e piena di corteggiatori. Vive una realtà caotica e convulsa presa dalla sua ossessione per l’aspetto fisico e l’istinto di volersi lasciare andare. Assistente di un importante uomo d’affari, è perennemente in bilico tra passato e presente. Elham è la Tehran Girl dell’iraniana Mahsa Mohebali: il volume, uscito a metà marzo per Bompiani (traduzione di Giacomo Longhi, pp. 272, euro 17) è l’ultima fatica letteraria dell’autrice, apprezzata all’estero e censurata in patria.
Tehran Girl non è un romanzo «politico», o almeno non nell’accezione classica del termine. Centrale è il tema della femminilità, che passa attraverso i suoi strumenti: abbigliamento, comportamento e idee. Elham non è certo la ragazza iraniana che ci si immagina: l’essere sopra le righe è una peculiarità del suo personaggio ma l’attenzione per il proprio aspetto, specie per il trucco, è una caratteristica piuttosto comune in Iran dove solo gli interventi di rinoplastica sono circa 90mila all’anno. Il tema del corpo e dell’abbigliamento, legato a una presenza neanche troppo nascosta del velo, torna spesso: «Parlarne è ormai un cliché, ma il velo è anche il simbolo dei diritti negati – spiega Mahsa Mohebali via skype – Rappresenta il controllo maschile sul corpo femminile».

SEMBREREBBE provocatorio, ma la scelta della copertina dell’edizione italiana del romanzo è ancora più esplicita: «la ragazza in foto indossa un hijab, è vero, ma ha quell’atteggiamento così aggressivo e insolente…», aggiunge l’autrice. Un temperamento indisciplinato – che oltre a caratterizzare la donna in copertina – è proprio anche della protagonista. «Quando ho scritto Non ti preoccupare (precedente romanzo il cui personaggio femminile si chiama Shadi, ndr) mi sono resa conto che la protagonista era incompleta. Che non ero riuscita a dire tutto ciò che volevo. Forse perché ero una scrittrice ancora acerba – ammette – Quando ho iniziato Tehran Girl mi sono ripromessa che Elham sarebbe stata esattamente come la immaginavo. Shadi ed Elham sono entrambe figlie di ambienti rivoluzionari, di genitori dissidenti. È per quello che si assomigliano. E poi, somigliano anche a me, che sono ribelle». Ribelle al punto di aver cercato in tutti i modi di pubblicare il Iran il suo libro senza un esito positivo e finendo per cercare un editore in Afghanistan.
«Dopo due anni di attesa, ero stanca di aspettare. Ognuno tentava di prendere tempo. Così ho contattato l’afghano Zaryab (che ha pubblicato in farsi Lolita di Nabokov, ndr) che ha immediatamente accettato. Mi ha poi inviato alcune copie che ho distribuito ad amici e lettori fidati. Dunque, il mio libro circola clandestinamente in Iran nei retrobottega delle librerie». È un espediente molto comune tra gli scrittori iraniani censurati, dice Mohebali. Esistono case editrici iraniane anche in Europa che mandano in stampa libri che non avrebbero mai l’approvazione dal Ministero della cultura. E attualmente non c’è una legge che vieti o punisca questo escamotage.
Mentra racconta le vicende del suo romanzo da dietro una webcam nel suo studio a Tehran, si avverte tristezza: «Quando l’emergenza finirà, spero di tornare in Italia per presentare il mio libro. Mi mancano gli incontri con il pubblico». Il debutto, infatti, era previsto in occasione di Libri come, a Roma. Poi la pandemia da Covid-19 ha cambiato i piani.

NON POSSIAMO non chiederle come viva la quarantena in uno dei Paesi più colpiti dal virus: «C’è sfiducia nei confronti del governo. Rohani sembra non sapere come agire. E le persone non credono più alle sue parole. Non è stato un distaccamento improvviso: la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’episodio dell’aereo ucraino abbattuto: il governo sapeva e ha taciuto per tre giorni – afferma Mohebali, che non ha dubbi sulle colpe del governo nell’errata gestione dell’emergenza – Si è parlato di numeri falsati su morti e contagi: non poteva essere diversamente, visto che sono state fatte pochissime analisi. E anche quando i controlli sono stati intensificati, il test a campione consisteva nella misurazione della temperatura, assolutamente insufficiente per stabilire se una persona sia positiva o meno».
Anche gli Usa hanno giocato la loro parte non volendo sospendere le sanzioni: «L’embargo non ci aiuta: non ci arrivano farmaci e kit sanitari a sufficienza. Ed è un problema. Grazie a loro, non conosceremo mai l’entità del contagio».