La notizia ha preso a fare il giro del mondo grazie a Politico, che ne ha dato l’anteprima, ma nelle chat della società civile montava da settimane l’attesa sulla fitta trama di incontri informali che hanno aperto la possibilità a un compromesso tra Commissione europea, Stati uniti, India e Sudafrica sulla sospensione della proprietà intellettuale per espandere la ricerca e produzione di rimedi contro Covid-19. Sono 18 mesi che il tema campeggia nell’agenda geopolitica della pandemia, lungo le crepe di un crinale di guerra fra nord e sud del mondo che riguarda la gestione monopolistica della conoscenza e la privatizzazione della scienza, non solo in ambito sanitario. Oggi questo orizzonte di mediazione si apre mentre infuria, materica, una spietata guerra tra Russia e occidente dentro i confini dell’Ucraina. Convergenze parallele, avrebbe detto qualcuno.

L’accordo sul testo non è ancora stato blindato, sono in corso le consultazioni. La dg del Wto vuole chiudere l’estenuante dossier prima della dodicesima conferenza ministeriale riconvocata a giugno. Dalle voci che trapelano, i paesi membri del Consiglio d’Europa sono chiamati a esprimere un parere entro le ore 17 di oggi (ieri per chi legge) mentre India e Sudafrica avranno fino a venerdì per decidere se validare o meno la proposta. Ma anche questo scenario è in piena evoluzione, mentre scriviamo. Labbra cucite dalla portavoce della Commissione a Bruxelles, Miriam Garcia Ferrer, mentre il portavoce americano per il commercio, Adam Hodge, ha dichiarato ieri in una nota che «il difficile e protratto processo» ha prodotto un compromesso che «offre la prospettiva più promettente per conseguire un risultato concreto e significativo». Al netto del gergo diplomatico, la domanda è: ma promettente per chi?

Se confermato, il testo ha completamente stravolto lo spirito e il respiro della proposta originaria che India e Sudafrica avevano portato al Wto il 2 ottobre 2020. La clausola del waiver, la possibile sospensione della proprietà intellettuale prevista dal diritto internazionale, è soppiantata a favore di una soluzione che, tanto per cominciare, copre solo i vaccini e solo i brevetti, nel solco della proposta Usa del maggio 2021. Appare deprimente, dopo negoziati così estenuanti e due anni di pandemia, l’esclusione dall’accordo di diagnostici e terapeutici proprio quando 35 nuove terapie contro Covid-19 sono ormai disponibili sul mercato dalla fine del 2021, coperte dalla proprietà intellettuale. Dagli scambi con alcuni negoziatori si evince che su questo terreno si sia verificata una sorta di tiro alla fune tra India e Sudafrica da un lato, la possibile apertura della Ue, e la irriducibilità degli Usa. Appare evidente che questa lacuna debba essere colmata, per evitare la presa in giro.

Dunque, in buona sostanza, in che cosa consiste questa ambigua deroga ai brevetti sui vaccini? I paesi “eligible”, cioè inseriti nella lista tra coloro in grado di riprodurre i vaccini anti-Covid brevettati senza il consenso del titolare del brevetto, sono quelli in via di sviluppo che hanno esportato meno del 10% dei vaccini pandemici nel 2021, su scala globale – un escamotage per escludere la Cina. La soluzione si richiama in buona sostanza all’art.31 dell’accordo Trips sulla proprietà intellettuale in materia di licenza obbligatoria, con un’eccezione parziale del comma 31.f e alcune «chiarificazioni». Chiarificazioni che forse sarebbe più opportuno denominare complicazioni. L’attuale testo del compromesso infatti prevede nuovi obblighi, che rendono la applicazione dell’art. 31 – se possibile – ancora più gravosa e restrittiva del regime ordinario. Appare paradossale che la Commissione europea, che ha fatto del ricorso alla licenza obbligatoria una parossistica bandiera per risolvere la crisi pandemica, sia riuscita a imporla nella versione attuale della proposta di waiver.

I commenti non si sono fatti attendere. Il primo, il più competente, è l’irritazione di Knowledge Ecology International (Kei) per la esclusione dal compromesso delle clausole Trips sui segreti industriali e i processi di produzione (manufacturing know-how), all’articolo 39.1 e 39.2. Questi sono elementi cruciali per un utilizzo della conoscenza inteso alla riproduzione dei vaccini, inclusa la tecnologia mRNA. La proposta non soddisfa neppure chi punta ai vaccini. People’s Vaccine Alliance ha chiosato con una certa durezza che «in una crisi, le mezze misure non sono accettabili». La stessa sinistra europea svela il bluff e critica la soluzione come del tutto insufficiente.

I governi che sono stati coinvolti nella trattativa a quattro tornino quanto prima al tavolo negoziale per una sospensione che rimuova ogni barriera e dia un taglio al decorso della pandemia, assicurando la tutela della salute per tutti. La conversazione sulla proprietà intellettuale in tempo di pandemia non può atterrare su un accordo così lontano dalla realtà, ma generoso nei confronti dell’industria farmaceutica.