La polvere di stelle. Da dove tutto comincia e tutto finisce. La polvere è presente in diversi ambienti astrofisici: nel mezzo interstellare diffuso, nelle nubi dense interstellari, nei dischi proto-stellari da cui tutte le stelle si formano per poi ritornare polvere. Un po’ come l’essere umano che, in effetti, è costituito dagli stessi elementi di cui è composta quella polvere.

Se la mettiamo così, il nostro ridiventare polvere – di stelle, appunto – diventa più poetico.

Tutti i metodi osservativi arrivano a simili conclusioni: nei diversi ambienti, la polvere è costituita da materiale organico (combinazioni di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto), da ghiaccio, nel caso di polvere proveniente da ambienti molto freddi e ricchi di gas, quali le nubi dense interstellari o nelle chiome cometarie, e da minerali.

Il ghiaccio d’acqua e il materiale organico sono gli elementi che più stimolano l’interesse degli scienziati e alimentano la curiosità di tutti. Sono infatti questi gli ingredienti che potrebbero aver giocato un ruolo importante nello scenario di formazione della vita sulla Terra e, possibilmente, sui numerosi pianeti simili alla Terra che orbitano intorno a stelle affini al nostro Sole. Come ad esempio il pianeta extra-solare scoperto pochi giorni fa dal telescopio orbitante Kepler/Nasa che, tra quelli finora rilevati è il più corrispondente in dimensioni alla Terra e orbita a una distanza che permette all’acqua di trovarsi allo stato liquido attorno a una stella molto simile al nostro Sole.

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Rappresentazione artistica del pianeta Kepler 452-b

Piovono granelli
La nostra conoscenza della polvere cosmica si basa su osservazioni astronomiche con telescopi da Terra, su analisi in situ con sonde spaziali, su analisi di laboratorio con tecniche all’avanguardia che indagano i campioni di polvere raccolti su comete e asteroidi nell’ambito di missioni spaziali che prevedono il rientro a Terra di capsule contenenti i campioni stessi. Infine, si può poi sfruttare la «pioggia» di polvere extra-terrestre che continuamente cade sulle nostre teste. Si tratta di granelli con dimensioni che vanno da qualche decina di micron (la sezione di un capello umano, più o meno) fino a qualche millimetro. Ne cadono ben più di quello che ci si possa immaginare. Infatti, mentre di meteoriti ne precipitano «solo» 50 tonnellate l’anno, ci arrivano ben 30.000 tonnellate l’anno di queste micro-particelle. Ce n’è per tutti. Ma come e dove si raccolgono?
Si può studiare la polvere extraterrestre anche restando con i piedi a Terra, o meglio sulla neve, in Antartide, o sul fondo del mare e raccogliere le abbondanti micro-meteoriti che piovono ogni giorno giù e, in ambienti così remoti, restano incontaminate. Oppure, per raggiungere un ambiente più puro e «vicino», si lascia la superficie terrestre, ma solo per «pochi» chilometri, venti circa, dove la Nasa organizza frequenti raccolte di particelle interplanetarie con aerei stratosferici.

Ancor più libera da contaminazione terrestre è l’alta Stratosfera (circa 40 km da Terra) che noi raggiungiamo con lo strumento Duster, realizzato nel nostro gruppo di ricerca (di cui è responsabile Vincenzo Della Corte) e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana, montato a bordo di palloni stratosferici. Questa parte di Stratosfera non può essere raggiunta, infatti, da polvere di origine terrestre che viene trattenuta negli strati più bassi dell’atmosfera dalla forza di gravità.

Prelievi sicuri
Duster ha dato grandi soddisfazioni, abbiamo raccolto i residui dell’esplosione di meteoroidi, fenomeni simili a quello avvenuto a febbraio 2013, a Celjabinsk, in Russia, molto ben documentato grazie all’attuale enorme diffusione di telefoni cellulari, telecamere di cui sono dotate le macchine per motivi di sicurezza, e alla diffusione dell’evento su Internet.

Quello di Celjabinsk è un evento generato da un meteoroide di circa 15 metri di diametro e una massa di circa 10.000 tonnellate, che entrando in atmosfera alla velocità di 54.000 km/h si è frantumato, in parte vaporizzato e in parte ha colpito il lago Cebarkul’ dal quale è stato ripescato un grosso pezzo di circa 300 kg. Fenomeni simili, che interessano corpi di ben più piccole dimensioni (anche solo qualche millimetro), entrando in atmosfera danno luogo a quelle che conosciamo con il nome di stelle cadenti.

 

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Porzione di bolide di Chelyabinsk che si è vaporizzata entrando a circa 54mila km all’ora nell’atmosfera terrestre

L’abbondanza della polvere di origine extraterrestre che piove sulle nostre teste ha una controindicazione: la difficoltà di riconoscimento della precisa origine dei campioni, del corpo progenitore. Infatti, l’origine di questi piccoli granelli è deducibile dalle analisi, ma non è mai certa come quando si decide di andare a prelevarla o a studiarla in situ sul corpo progenitore stesso. È ciò che hanno fatto due missioni spaziali di enorme successo: Stardust dell’agenzia spaziale americana (Nasa) e Rosetta dell’agenzia spaziale europea (Esa). Due missioni dedicate allo studio delle polveri cometarie di origine certa. Avere fonti certe è molto «rassicurante» e rende l’analisi più semplice, ma…. c’è un «ma»: è certamente molto più costoso.

I grandi congelatori
Rosetta è costata 1,3 migliaia di milioni di euro, che è una cifra «spaziale», è il caso di dirlo, ma considerando che si tratta di un’impresa davvero incredibile (vedi l’articolo di Fabrizio Capaccioni sul manifesto del 5 agosto, ndr) e che in fondo si tratta di pochi centesimi a testa se diviso per la popolazione dei paesi europei che fanno parte dell’Esa, questo cifra «astronomica» si ridimensiona. Stardust è costata quanto la realizzazione del film Titanic. È una questione di gusti.

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Particella residuo di un meteoroide entrato in atmosfera terestre rilevato dallo strumento Duster

Perché è così importante studiare la polvere cometaria? Perché le comete sono considerate dei serbatoi di materiale primordiale, cioè di materia che non ha subìto sostanziali trasformazioni rispetto a quella costituente la nebulosa proto-solare da cui ha avuto origine il Sistema Solare. Lo studio della polvere cometaria ci porta indietro nel tempo, così da avere maggiori dettagli sulla dinamica di formazione dei corpi ora presenti nel sistema solare. Perché indietro nel tempo? Perché il materiale di cui sono composte le comete è rimasto immutato essendosi conservate in una sorta di enormi freezer: la fascia di Kuiper, che si estende dall’orbita di Nettuno, a 30 UA (Unità Astronomiche, cioè trenta volte la distanza che c’è tra la Terra e il Sole) dal Sole fino a 50 UA, e la nube di Oort, posta tra 20.000 e 100.000 UA dal Sole.

È in queste due zone ai margini del Sistema Solare che sono conservate le comete. Una sorta di ibernazione ha consentito loro di mantenere quelle caratteristiche che avevano circa 4,5 miliardi di anni quando il sistema solare ha avuto origine dal collasso gravitazionale della nebulosa solare.

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Da questa nube di gas e polveri si formarono i pianeti e le comete, mentre i primi si sono evoluti nel tempo, le comete, che stazionavano nei due grandi «congelatori» conservano dentro le caratteristiche dell’inizio. L’uomo ha sete di sapere da dove viene l’acqua, e gli altri ingredienti che lo hanno fatto «nascere», ecco perché le comete sono così interessanti: tra le caratteristiche che hanno conservato ci sono l’acqua e le molecole organiche, cioè due dei tre componenti essenziali, insieme all’energia, perché si inneschi la scintilla della vita. Fu Newton nei suoi «principia» nel 1686, che pubblicò per primo la teoria evolutiva che fu da allora costantemente sviluppata: le comete possono aver giocato un ruolo importante nello sviluppo della vita sulla Terra. Infatti, le comete potrebbero aver rilasciato sulla superficie terrestre grandi quantità di acqua e di molecole organiche pre-biotiche, durante il periodo di instabilità gravitazionale, detto «il grande bombardamento cometario», che ha avuto luogo circa 3,9 miliardi di anni fa. Dalla datazione di fossili si è stabilito che meno di un milione di anni dopo questo evento sono apparse le prime forme di vita sulla Terra.

Questi i motivi che hanno stimolato la realizzazione delle missioni Stardust/Nasa e Rosetta /Esa.

La sonda Stardust, della Nasa, ha raccolto e riportato a Terra nel 2006 quelle piccole particelle da microniche a millimetriche che compongono la chioma della cometa Wild 2. Ho avuto la fortuna di occuparmi personalmente dell’analisi di queste preziose particelle avendo fatto parte del team selezionato dalla Nasa per svelare i segreti dei primi campioni di polvere cometaria raccolti in situ che l’uomo abbia mai avuto per le mani. In effetti, anche i miei figli (all’epoca piccoli) si rendevano conto della preziosità di questi microscopici oggetti e mi dissero di stare attentissima a non starnutire e di riportarli sulla cometa dopo averli analizzati! È stato un lavoro fantastico di squadra tra duecento ricercatori di tutto il mondo. Un lavoro che ha fornito numerose risposte, non solo sulle polveri cometarie, ma anche importanti informazioni sulla dinamica della formazione del Sistema Solare e nuovi in-put alla teoria che vede le comete portatrici di vita sulla Terra. Le particelle di polvere raccolte sono risultate altamente disomogenee, anche su piccola scala: agglomerati di diversi minerali di dimensioni sub-microniche. Ad esempio, in una particella delle dimensioni di 8 micron sono state osservate tre diverse componenti: due minerali (pirrotite e enstatite) e da una zona di grani fini agglomerati con composizione simile a quella della Nebulosa pro-tosolare.

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Immagine delle particelle racconlta dalla sonda Stardust di dimensione 8 micron

Sono stati trovati minerali che si formano ad elevate temperature (circa 2000 K) che testimoniano il fatto che le particelle che formano le comete non hanno sempre stazionato ai margini del Sistema Solare, ma hanno vissuto parte della loro vita in prossimità del Sole subendo importanti riscaldamenti. Questo porta a rivedere la dinamica della formazione del Sistema Solare. Infine, è stata rilevata la presenza di molecole organiche, ammine e amminoacidi fornisce ulteriori informazioni alla teoria che vede le comete come «mezzi di trasporto» degli ingredienti della vita sulla Terra.

Lo studio delle polveri in situ è ora in atto grazie ad una missione spaziale di enorme successo, Rosetta, dell’Agenzia Spaziale Europea, che ha a bordo ben 3 strumenti dedicati allo studio delle polveri emessi dal nucleo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. I tre strumenti, Cosima, Midas e Giada (quest’ultimo finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana e di cui attualmente sono la responsabile), studiano le caratteristiche chimico-fisiche di ciascuna particella cometaria.

L’esame in situ dei tre strumenti garantisce ambiente incontaminato e polvere certamente proveniente dal nucleo della cometa dalla buffa forma: «rubber-duck», paperella di gomma, di quelle che si usano far galleggiare nella vasca dei bimbi, è stata nominata tra «noi di Rosetta», oppure «un piedino», come ha detto un bimbo che è venuto ad ascoltare una conferenza divulgativa sui risultati di Rosetta.
Speriamo che la fantasia dei più piccoli, sempre efficacissima e puntuale, e la loro accesa curiosità si possa trasformare da adulti in interesse verso questa pioggia di polvere extraterrestre e verso il nostro mondo, ma più in generale verso l’Universo che tiene in serbo ancora grandi misteri e meravigliose spiegazioni.

 

SCHEDA /1

Le «stelle cadenti» non sono vere stelle ma scie luminose prodotte da piccoli granelli di polvere, detti meteoroidi, originati o da collisioni tra asteroidi o residui delle code cometarie, che bruciano per attrito con la nostra atmosfera. È la traccia di luce del meteoroide che brucia quella che viene detta una «meteora» o «stella cadente». Se il meteoroide non brucia completamente, la parte che raggiunge il suolo terrestre è detto meteorite. Il fenomeno può assumere una luminosità molto elevata e dare luogo a quello che viene nominato un fire ball, «palla di fuoco», o bolide. Per un osservatore da Terra un bolide sembra una combustione lenta, mentre si tratta di corpi che viaggiano a migliaia di chilometri all’ora. Il fenomeno esibisce improvvise fiammate quando il meteoroide subisce un’improvvisa decelerazione cui è normalmente associata la sua frammentazione.

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Si possono verificare anche eventi di frammentazione multipla e ogni frammento rallenta lungo il percorso che ancora una volta può improvvisamente bruciare e passare allo stato di vapore. Il risultato finale è una cascata di frammenti meteorici sempre più piccoli fino a che la fase luminosa giunge al termine. A questo punto i frammenti superstiti possono formare persistenti nubi di polvere per poi cadere lentamente attraverso la Stratosfera verso la superficie terrestre. Se intercettati in questo cammino da apparati di raccolta in Stratosfera vengono chiamate particelle interplanetarie, se invece raggiungono la superficie terrestre si chiamano micro-meteoriti.

 

 

SCHEDA /2

Tra le varie iniziative associate alle «stelle cadenti» in vista del 10 agosto, ne segnaliamo alcune. 1) I racconti sotto le Stelle del dottor Stellarium (per bambini), sezione «Il Planetario vola a Technotown» (Roma). L’appuntamento con l’esperto accompagnerà alla scoperta di tutto ciò che sembra mutare la quiete apparente di una notte stellata.In queste serate che vengono spesso associate alle famose «stelle cadenti», le lacrime di San Lorenzo, solleveremo lo sguardo al cielo, dalla terrazza di Technotown, per esplorare ciò che potrebbe apparire in cielo e che non è né stella né pianeta. Cosa sono quei corpi che chiamiamo «stelle cadenti»? da dove provengono? Dalla sua valigia magica il dottor Stellarium tirerà fuori tutto il necessario per narrarci la loro storia. Meteore, comete ed asteroidi saranno gli ingredienti di questo viaggio sotto quello che resta del cielo stellato su Roma. http://www.planetarioroma.it/spettacoli/spettacoli_per_tutti/il_planetario_vola_a_technotown/racconti_sotto_le_stelle_del_dottor_stellarium_stelle_comete_e_stelle_cadenti_per_bambini.
2) Alla Terrazza delle Stelle, le notti delle stelle cadenti.

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L’osservatorio astronomico, situato nella conca delle Viote del Monte Bondone (Trento), lontano dalle luci dei centri abitati, è il luogo ideale per avventurarsi tra le meteore di agosto. L’osservatorio è dotato di potenti telescopi che, con la guida di operatori esperti, diventano strumenti privilegiati per ammirare il firmamento. http://www.muse.it/it/Esplora/Eventi-Attivita/Archivio/Pagine/Alla-Terrazza-delle-Stelle,-Le-notti-delle-stelle-cadenti.aspx
3) http://www.astroperinaldo.it/blog/2015/il-cielo-nel-2015-eventi-celesti-pianeti-eclissi-stelle-cadenti/