Trenta minuti è la durata dell’installazione di sound art La Via dei Canti: uccelli/birds, curata da Zerynthia Associazione per l’Arte Contemporanea OdV nel Bosco di Paliano (fino al 1 novembre), che viene ripetuta in loop grazie all’utilizzo di batterie ricaricabili, in mancanza dell’energia elettrica.

Nel silenzio della natura, accarezzati dal fruscio del vento, i canti di uccelli (sia quelli locali che nelle registrazioni) si rincorrono come note su un pentagramma, volteggiano gli insetti e se anche la luce avesse l’abilità di produrre un suono, sarebbe certamente misterioso e avvolgente come i raggi che filtrano attraverso le chiome delle querce. Sono querce slanciate, quelle piantate un centinaio d’anni fa nel Bosco di Paliano: 30 ettari di area boschiva vicino a Colleferro, in Ciociaria, nella tenuta della blasonata famiglia Ruffo di Calabria. Eredità spirituale (e non solo) del principe Antonello – il nobile visionario che nel ‘74 creò il primo parco ornitologico d’Italia, divenuto Monumento Naturale Selva di Paliano e Mola dei Piscoli (attualmente chiuso) – il Bosco di Paliano è stato messo a disposizione della collettività dalla famiglia Ruffo, riaprendo al pubblico nel all’insegna dell’eco-sostenibilità.

Segnale di ideale continuità e omaggio alla memoria di Antonello Ruffo di Calabria (1930-2017) che della Selva di Paliano aveva fatto anche un vivace luogo d’incontro di artisti, musicisti, scrittori e poeti. Memorabile fu, nel 1996, il simposio artistico Uccelli-Birds, curato da Carolyn Christov-Bakargiev e Hans-Ulrich Obrist e organizzato da Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier dell’associazione Zerynthia. Proprio per dare un senso di continuità con il passato è stato scelto di riproporre un’altra brillante operazione di Zerynthia, Les Oiseaux concepita per la Nuit Blanche di Parigi che nell’unica notte tra il 5 e il 6 ottobre 2013, in una sala insonorizzata della Gaîté Lyrique, vide il passaggio di migliaia di spettatori.

Ascoltare tra le fronde, in un contesto incontaminato, la stessa installazione sonora con i brani di 24 artisti internazionali, ha certamente un altro appeal. Come in un conviviale incontro tra ninfe e satiri, seduti al centro dello spiazzo circolare delimitato dagli alberi, si partecipa ad un imprevedibile rituale in cui il flauto di Pan è sostituito dal sintetizzatore ed eventualmente dal QR Code. Difficile non lasciarsi trasportare in quest’immersione che si sottrae alle dinamiche spazio-temporali. Lo sguardo si sposta dal manto di licheni che accarezzano i tronchi delle querce, indugia in alto nella texture di foglie e cielo, mentre i piedi sfiorano la terra ricca. Il silenzio si popola di suoni.

Dal carillon che fischietta come un uccellino di Goodiepal al cinguettio urbano di Baruchello, dal verso del pollo di Davide Bertocchi & Robonom al canto dell’usignolo di Alvin Curran. Anche Leonid Tishkov ha ascoltato un usignolo nello storico cimitero moscovita di Novodevichy, poi ci sono i rondoni di passaggio a Napoli di Jimmie Durham e Maria Thereza Alves, i pappagalli tropicali di Donatella Landi, i corvi di Richard Crow, i colibrì di Stephen Vitiello, il pettirosso di Koo jeong A, il colombo di Filippo Leonardi, i gabbiani di Brest (Francia) di Fabrice Hyber e i piccioni sulla finestra dell’abitazione di H. H. Lim con affaccio su piazza Vittorio a Roma.

Una play list in cui la sperimentazione sonora abbraccia l’ornitologia e perfino l’antropologia. Proprio con l’opera di José D’Apice si entra in un mondo ancestrale: quello della riserva territoriale di Xingu in Amazzonia, nello stato brasiliano del Mato Grosso. Lì l’artista ha seguito le orme degli Indios che sono accompagnati dal canto assordante dell’araponga, dai versi degli inhambu-guaçu e dal cinguettio dell’uirapuru, o scricciolo canoro, che ad alcuni ricorda la musica di Bach. Un cerchio in cui tutto torna.