Come se fosse vivo e vegeto, ancora fra noi, la comunità di San Benedetto al Porto festeggia l’ottantacinquesimo compleanno del suo «Don», o «il Gallo» come era affettuosamente chiamato. Lo fa chiamando a raccolta amici e compagni di strada. In primis don Ciotti, che ne ha raccolto l’eredità intellettuale e nel pomeriggio recita un’omelia tutta politica dal pulpito della chiesetta di San Benedetto, interpretando quello che il sacerdote scomparso due mesi fa avrebbe detto delle vicende politiche di oggi, dall’acquisto degli F35 – che avrebbe condannato duramente – al papa a Lampedusa – che invece avrebbe apprezzato. Poi trascinando a discutere in un quartiere disgraziato – il Cep di Voltri – direttori di giornali (Norma Rangeri del manifesto, Antonio Padellaro del Fatto quotidiano, Umberto La Rocca del Secolo XIX), il sindaco Marco Doria e il segretario della Fiom Maurizio Landini. «Quella di don Gallo sarà un’eredità diffusa», mi dice la storica segretaria del sacerdote fin dagli inizi degli anni ’80, «la Lilli», la donna che tutta l’Italia ha conosciuto quando, il giorno dei funerali, ha zittito dal pulpito la contestazione al cardinale Bagnasco. Pur volendolo considerare ancora «vivo e vegeto», come recita lo slogan della festa, la figura carismatica di don Gallo non c’è più, e non è facile sostituirla. Per cui alla comunità di San Benedetto hanno fatto quadrato e si sono messi di buona lena a proseguire la sua opera, ognuno assumendosi un pizzico di responsabilità in più. Lo stesso concetto lo ripete Domenico “Megu” Chionetti, un giovane che proviene dal centro sociale Terra di nessuno e che ha abbandonato tutto per diventare il factotum, l’uomo ovunque della comunità. Particolarmente apprezzato è apparso l’intervento del sindaco di Genova Marco Doria – reduce da una maratona consiliare per l’approvazione di un difficile bilancio preventivo che non cancella l’Imu, anzi l’aumenta – che ha annunciato l’intitolazione di una piazza a don Gallo: si tratta della più grande del ghetto di Pré, tuttora senza nome. È lì che vivono le princese cantate da Fabrizio de Andrè e alle quali aveva fornito aiuto e conforto il «Don», è lì che è nato un centro di assistenza agli immigrati, chiamato Ghett Up, un progetto di cui la Comunità di San Benedetto è capofila. La storica via del Campo è a due passi, e non è molto distante il murale che raffigura la rivolta dei cittadini contro la cacciata del «Don» dalla chiesa del Carmine, nel 1970. Quella chiesa in cui è ritornato solo da morto, il giorno dei suoi funerali. A don Gallo – e alla partigiana genovese Teresa Mattei – sarà dedicata anche la giornata di oggi a piazza Alimonda. È il dodicesimo anniversario dell’uccisione di Carlo Giuliani. Il «prete da marciapiede», come amava definirsi, era in piazza dalla parte dei no global. Delle giornate del G8 aveva tenuto un diario: «Anche molti commentatori e cronisti non conoscono la realtà dell’attuale globalizzazione. È per questo che tranciano giudizi a sproposito anche sul movimento. Lo sforzo di approfondimento del Public Forum con esperti di tutto il mondo è caduto nel dimenticatoio. A Genova, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, possiamo ripartire da piazza Carlo Giuliani. Per i numerosi credenti del movimento ricordo che lì c’è la chiesa di Nostra Signora del Rimedio», aveva scritto. Oggi in piazza Alimonda-Carlo Giuliani sarà sistemato un blocco di granito di Carrara che ricorda l’omicidio.