Mi chiedo se non ci siano tutte le condizioni per provare a far compiere a tutta l’urgentissima iniziativa sulla sostenibilità un salto di qualità. Mi riferisco al fatto che in questi anni, con il grande contributo di movimenti, competenze scientifiche, associazioni si sono affinate analisi e si è definito un campo amplissimo di proposta e di progetti possibili. Non sono le idee a mancare. Qual è il punto allora?

È che c’è voluta una ragazzina per indicare a tutti anche l’esigenza di una lotta, aperta, forte, viva. O se volete, che c’è bisogno di un conflitto. E conflitto e lotta sono strumenti per fare più forte una partecipazione e una consapevolezza larghe senza le quali ben poco cambia. Serve far vivere una tensione. Al di fuori di ogni ideologismo certo, però è evidente che non si affronta il nodo senza mettere in discussione alcuni capisaldi dell’attuale formazione economico-sociale vocata al massimo di ‘estrattivismo’: dal lavoro, dalle vite, dal Pianeta.

Concordo con le riflessioni di Luciana Castellina sul manifesto in dialogo critico con Fausto Bertinotti, peraltro presenteremo a Napoli a breve l’importante lavoro che lei ha coordinato: «Il green capitalism non è possibile, piaccia o non piaccia. Perché la rivoluzione ecologica, e adopero coscientemente questa parola pesante, presuppone la fine della centralità del suo organismo più delicato ed essenziale, il mercato, come organo autonomo, mosso dal profitto visibile, quello immediato, ma miope come una talpa rispetto al lungo termine, il tempo in cui per sopravvivere la collettività dovrà pagare le spese non contabilizzate del guasto operato da alcuni…», così Castellina. È del capitalismo che stiamo discutendo dunque.

E se l’impegno ambientalista non si vuole ridurre a colletta per salvare quel fazzoletto di terra o quel bene culturale (cose nobilissime e utilissime peraltro), Greta ci ha detto cosa bisogna fare: lottare.

Per altro verso ce l’hanno detto su altri temi le Sardine. In un modo e nell’altro, ce l’hanno detto giovani generazioni che manifestano sensibilità affatto particolari. Quel che manca è una politica che sappia porsi in dialogo fecondo con queste dinamiche e ne colga le potenzialità costituenti e fondanti di nuova soggettività: ed è uno degli aspetti che più condiziona negativamente il futuro del paese.

Next Generation Eu come sarà usato? Per cosa? Per chi? Come? Dove? È materia questa di alcune decine di capi di Stato e dei loro staff? O diventa materia per una grande operazione di inveramento democratico, di grande confronto di massa per quel cambiamento radicale di cui c’è bisogno?

Troppi salotti alimentano un chiacchiericcio sull’ambiente mentre si continua a consumare suolo cementificandolo, dice bene Piero Bevilacqua; si continua ad assistere impassibili allo spopolamento dissestante dell’Appennino; si continuano ad assegnare risorse enormi all’agricoltura intensiva; si continua a privilegiare la mobilità privata, ancora oggi, con la Pandemia.

E parlando di tutto questo parliamo anche di come fronteggiare proprio le Pandemie presenti e future. A parole siamo inondati di sostenibilità, parola ormai prossima ad essere completamente catturata e svuotata di senso. E allora mi chiedo se proprio sull’intensità, sul modo e sulle finalità di una vera strategia di sostenibilità, anche guardando a quanta nuova ricerca e migliori lavori, per qualità e diritti, si possono creare, non siamo su un terreno che interroga direttamente anche il Sindacato.

E se non sia venuto il tempo che esso si faccia punto di riferimento di uno schieramento sociale, associativo e culturale amplissimo, lavorando ad una Piattaforma essenziale sulla quale indire uno Sciopero Generale per la sostenibilità, per la vita, nostra e del Pianeta.

Uno sciopero generale ‘per’, che alimenti un argine contro ogni ulteriore perdita di tempo e ogni ‘deviazione’ interessata degli obiettivi fondamentali nell’azione di governo, istituzioni, imprese: a cominciare dalle modalità e finalità di utilizzo delle ingenti risorse in arrivo. E una spinta sulla cui scia poi alimentare anche inedite vertenzialità territoriali nelle quali ricomporre esperienze, soggettività, movimenti.