Quando il corteo che la mattina ha sfilato per le strade di Centocelle si scioglie dentro Villa Gordiani, piazze e parchi delle altre aree della capitale sono già piene di gente. A poca distanza, risalendo via Prenestina, c’è il Pigneto. Nel passato zona popolare abitata da tanti ferrovieri è adesso un mosaico di baretti più o meno alla moda, librerie, atelier artistici, attività commerciali di migranti e realtà politiche di base. I pali della luce delle stradine che circondano i giardini Nuccitelli Persiani sono addobbati con bandiere rosse. Di lato c’è una lunga tavolata intorno a cui gli abitanti del quartiere pranzano fianco a fianco. Vicino ai banchetti di libri, ai biliardini e a un tavolo da ping-pong si accalcano giovani e bambini. A breve inizierà una passeggiata attraverso il percorso storico della Liberazione, toccando le abitazioni dei partigiani che sfidarono il nazifascismo partendo da qui.

POCO PIÙ IN LÀ, oltre il sottopassaggio di Porta Maggiore, si trova San Lorenzo. Nel 1922 operai armati accolsero i fascisti che marciavano su Roma provando a fermarli. Non li fecero passare, ma quelli tornarono in forze il giorno dopo per una dura rappresaglia. Il quartiere, che nel dopoguerra è diventato una roccaforte della sinistra, festeggia in piazza dei Sanniti: davanti e poi dentro il Cinema Palazzo. È la terza delle 22 occupazioni da sgomberare secondo l’ordine definito da una recente circolare del ministero degli Interni. Mentre giovani e famiglie mangiano intorno ai tavoli, risuonano le note di Bella Ciao riadattata dai Modena City Ramblers. D’un colpo arrivano tre partigiani con i fazzoletti dell’Anpi al collo. Il peso degli anni li ha piegati nel fisico, ma non nello spirito. Dispensano sorrisi, saluti e strette di mano.

LASCIANDOSI A DESTRA il cimitero monumentale del Verano si imbocca via Tiburtina. Superata l’omonima stazione dei treni si gira ancora a destra e si entra nel quartiere di Casalbertone. Il suo cuore è una piazza dove si sta discutendo di decreto «sicurezza», nuove forme di razzismo e criminalizzazione del dissenso. Sul manifesto dell’iniziativa è raffigurato Lorenzo Orsetti, caduto il 18 marzo scorso per difendere la rivoluzione del Rojava. Accanto a lui ci sono partigiane curde e palestinesi. Alcuni ragazzi africani di un vicino centro di accoglienza si preparano a suonare le percussioni. Tra poco inizierà una passeggiata tra i luoghi simbolo della Resistenza. La casa del partigiano Virgilio Bianchini, nel «Palazzo dei Cervi», e quella di Giorgio Marincola, partigiano italiano di madre somala e pelle nera. E poi la targa a Zaccaria Verucci, «partigiano dei centri sociali» rimasto sempre vicino alle esperienze autorganizzate del quartiere. Tra queste il centro sociale Strike, che Salvini vorrebbe sgomberare ed è tra gli organizzatori della piazza.

VIA LEVANNA, invece, è in un altro quadrante. Si deve percorrere un pezzo della Tangenziale Est, il mezzo anello che attraversa la parte orientale della città e quella più a nord. Si sbuca in via Nomentana, che corre dritta. Superata piazza Sempione ci si avventura nelle strade tortuose e alberate di Montesacro. Si arriva così al Brancaleone, uno spazio «tornato a casa» dopo due anni di chiusura il 22 febbraio scorso, nel giorno del corteo per l’anniversario dell’omicidio fascista di Valerio Verbano. Era il 1980 e il ragazzo, militante di Autonomia Operaia, aveva solo 19 anni. Nel giardino del «Branca» si leggono racconti partigiani accompagnati da musica. Più in là i bambini giocano a pallavolo. Un braccio tatuato ne guida un altro coperto di rughe verso il fresco degli alberi.

PER LA TAPPA SUCCESSIVA c’è da spaccare Roma verso sud: viale Kant, poi tutta la Palmiro Togliatti, fino al Quadraro. Durante la resistenza fu una delle zone maggiormente «infestate da partigiani». Oggi le strade sono tranquille e spopolate, ma a ridosso del Parco degli Acquedotti si incolonnano le auto. Sul verde, sotto le bellissime costruzioni romane che un tempo trasportavano acqua, in tanti giocano a frisbee e calcio. Qualcuno si rilassa disteso sui teli. Ovunque c’è odore di carne arrosto. Un’attivista di Mediterranea è appena intervenuta ricordando la linea di scontro che corre lungo il mare. Quattro ragazze prendono il microfono e cantano su basi reggae. Il parco balla. Intorno si muovono le t-shirt del centro sociale Spartaco e quelle viola e arancioni di Quadraro Boxe.

SFRECCIANDO sull’Appia Nuova, poi su via di Tor Carbone e del Tintoretto, non lontano dalle Fosse Ardeatine, si entra nel quartiere di Garbatella e da lì si raggiunge Parco Schuster. Nel triangolo stretto tra Lungotevere San Paolo e via Ostiense, tante magliette rosse punteggiano il prato verde. La Samba Precaria suona in cerchio. Qualcuno danza a due passi da uno striscione affisso dal Laboratorio occupato autogestito Acrobax. C’è scritto: «Le idee non si sgomberano, giù le mani da case occupate e spazi sociali».

OVUNQUE, intanto, un sole primaverile bacia la città che le realtà politiche di base, diffuse molecolarmente nel tessuto urbano, rendono viva e ostinatamente resistente.