Il decalogo di Norma Rangeri propone scenari fertili per la discussione e l’iniziativa politica. Sì, c’è vita a sinistra. Sono vive le donne e gli uomini spiaggiati dalla «cultura e dall’economia dello scarto» denunciata da Papa Francesco, colpiti, da ultimo, dalle “riforme” del mercato del lavoro, della scuola, delle regole della democrazia o affogati dall’egoismo ottuso dei benestanti e dalla paura disperata dei penultimi. Così come sono vive le donne e gli uomini, soprattutto i più giovani e più qualificati, costretti a svendere i loro talenti o a emigrare.

Come dare voce all’universo degli invisibili abbandonati e dei pionieri senza opportunità? Per rispondere, vogliamo costruire, ambiziosamente, un partito per la sfida del governo. L’ambizione deve poggiare, innanzitutto, su un’analisi condivisa del tornante storico nel quale siamo. Su queste pagine Revelli e Panagopoulos, Ferrero, Martone e Pizzuti confermano una larga sintonia tra di noi. Vediamo il trionfo insostenibile del capitale sul lavoro e l’euro-zona sulla rotta del Titanic. Inoltre, dopo la drammatica caduta delle speranze coraggiosamente alimentate da Syriza e dal Governo Tsipras, è anche diventato evidente a tutti che, nel quadro del mercantilismo liberista, la sinistra è senza spazio di manovra. Nell’area della moneta unica, la democrazia e la politica sono prigionieri di Tina: «There is no alternative». Pensiero unico e agenda unica. Oppure, l’apocalisse.

È, invece, oggetto di discussione la strada da percorrere per liberare il futuro. Da una parte, chi indica la strada della radicale correzione dei Trattati affinché l’euro, da fattore regressivo, diventi fattore progressivo. Dall’altra, chi, come il sottoscritto, ritiene che non vi siano le condizioni politiche per ribaltare i Trattati e individua il superamento concordato dell’euro come passaggio obbligato per salvare l’Unione europea e riaprire la partita della democrazia fondata sul lavoro.
Per avviare la costruzione di una forza politica ambiziosa, una comune carta di valori è insufficiente. Vanno fatti i conti con “l’europeismo reale”, come li abbiamo fatti, chi prima chi dopo, con il “socialismo reale”. Stavolta, non possiamo aspettare le schegge del Muro di Berlino. L’euro è stato un errore di prospettiva politica: nato per arginare lo svuotamento della sovranità nazionale e la svalutazione del lavoro determinati dai mercati globali de-regolati, è diventato potente fattore di aggravamento dello squilibrio nei rapporti di forza tra capitale e lavoro.

Il dilemma «euro si/euro no» è la punta dell’iceberg. È da riscrivere l’intero impianto di marginalizzazione della politica contenuto nei Trattati, funzionali all’interesse nazionale tedesco. Ma invocare il coraggio delle élite per arrivare agli Stati Uniti d’Europa è retorica autoconsolatoria. Le condizioni politiche per le correzioni necessarie alla “costituzione” dell’euro-zona sono assenti per ragioni profonde: i caratteri morali e culturali dei popoli, gli interessi degli Stati nazionali e i rapporti di forza. La Germania lo incomincia a riconoscere: pur nel quadro di un approccio punitivo verso la Grecia, ha rotto il tabù dell’irreversibilità dell’euro. Il Ministro Schäuble, con il consenso della Cancelliera Merkel, all’Euro-summit del 12 Luglio scorso, propone una «Grexit assistita». Il German Council of the Economic Experts, qualche giorno fa, presenta l’euro-exit come soluzione sistemica in un rapporto ufficiale al governo di Berlino.

Per arrivare al superamento concordato dell’euro e negoziare condizioni di atterraggio sostenibili e, così, porre le basi per salvare l’Unione europea e, con essa, le democrazie delle classi medie va costruita un’alleanza tra fronti nazionali guidati da forze progressiste, aperti alla destra costituzionale e “sovranista”, come realizzato da Syriza in Grecia con Anel.

Su quali soggetti sociali e interessi economici far leva? Su quanti sono svalutati per competere nell’economia dell’export e su quanti subiscono il deficit cronico di domanda interna: il lavoro subordinato, dipendente privato e pubblico, o a Partita Iva, la micro impresa artigiana e commerciale, l’arcipelago delle professioni proletarizzate. Uniti, in un’alleanza sociale progressiva, con chi compete sull’innovazione e sulla qualità del lavoro.

La coalizione della domanda interna per il lavoro di cittadinanza è il compito difficile del partito nazionale e popolare da costruire insieme.