Non è nuova a fronteggiare lo sguardo, a insorgere per i diritti, per l’inviolabilità dell’umano. Come se non avesse fatto altro per secoli, eppure ha solo 17 anni. Nel prologo indossa una felpa fucsia e quando le viene chiesto di guardare in macchina non esita. Allora, sullo sfondo bianco del commissariato, i suoi occhi verde chiaro risaltano tersi, ancor più dopo che si è fatta tagliare i capelli quasi a zero da sua sorella Ismene – entrambe avevano gli occhi di pianto in quel momento e in corpo il dolore per la morte del fratello Eteocle, ucciso dalla polizia durante un intervento finito atrocemente.

Polinice, il fratello loro rimasto, dopo aver assistito all’omicidio di Eteocle, è stato assurdamente incarcerato per oltraggio a pubblico ufficiale; data la sua fedina penale e il fatto che nessuno in famiglia, malgrado tanti anni a Montreal, ha la cittadinanza, bisogna impedire la sua estradizione. Così guardandosi nello specchio ha deciso: lei, studentessa eccellente con borsa di studio, minorenne e incensurata, farà evadere il fratello e, abitandone i tatuaggi e il cappuccio, ne prenderà il posto.

Sono lampi di Antigone caduta nel nostro tempo. Antigone di Sophie Deraspe, tra gli otto film della 17sima edizione delle Giornate del cinema quebecchese in Italia: con la guida di Joe Balass, dedicate alle «Nuove Mitologie», dopo Torino, continueranno a Roma, Benevento, Palermo e Venezia.

Dunque avere il coraggio di guardare il mondo. Lo aveva fatto innanzi alla classe, narrando la migrazione di quel che restava della sua famiglia dall’Algeria al Canada. Allora non era che una bimba dagli occhi enormi nel passeggino spinto da Ismene – alla frontiera i due maschi abbarbicati alla gonna della nonna – eppure prima di partire aveva voluto vedere e aveva visto: la scarpa di sua madre, che rotolava via dai corpi dei genitori nei lenzuoli, il loro sangue a terra.
Ma non è solo eroina atavica Antigone. Quando danza una nenia araba stretta alla nonna e ai fratelli, quando assaggia il sushi con Emone, il ragazzo di cui si sta innamorando, quando rintanata nella felpa blu piange Eteocle, è anche una ragazzina minuta e fragile, reale (la radiante Nahéma Ricci, ma tutto il cast è potente). Pure, sa farsi esploratrice degli abissi dentro di sé. E quando il padre di Emone (politico ex-legale), va a trovarla all’istituto dove è rinchiusa per aver provocato l’evasione di Polinice – in fuga su un autobus di linea «Edipo re» – e le chiede perché sacrifica la sua vita, lei si prende il tempo per dimorare in se stessa a occhi chiusi: per agire pensa a Polinice bambino che non trova braccia ad accoglierlo. A una psichiatra cieca di nome «Teresa» confida di sentire la forza dei suoi morti.

Qui si addensa infatti uno dei nuclei motivanti di Deraspe, folgorata a vent’anni dalla lettura di Antigone di Jean Anouilh (scritta e rappresentata durante l’occupazione nazista di Parigi), e poi da quella sofoclea. Non solo l’integrità di Antigone, il suo concepire la cittadinanza in senso ben più profondo di quanto non facciano le istituzioni – il potere di Creonte diviso tra poliziotti, giudici, assistenti sociali – ma la sua inaudita capacità di amare. Anche dopo aver scoperto nell’interrogatorio l’affiliazione dei fratelli a gruppi radicalizzati.
Così diventa pure ritratto grafico in rosso, ovunque nella rete e sui muri «Mon coeur me dit, ho infranto la legge, ma lo rifarei, il mio cuore mi ha detto di aiutare mio fratello», gridato nell’aula processuale gremita dai compagni. Allora dopo il funerale rappato e in split screen di Eteocle, Antigone si propaga negli infiniti selfie dei coetanei, il coro versione social secondo Deraspe, le mani a cuore intorno al suo ologramma e magliette con la sua effigie e danze e scritte sul corpo. Allora il linguaggio tragico del cinema si versa deflagrando nell’energia forgiatrice di immagini di chi non ha ancora vent’anni. Come le ragazze del centro correzionale, che ha difeso, che ora le si stringono intorno. Giovanna d’Arco Greta Carola Rackete Ilaria Cucchi… Cosa cerca Antigone oggi? Chi è? La domanda resta mentre lei si volta a guardare se stessa piccola nel passeggino alla frontiera, o dopo la prima volta con Emone (lo ha scelto perché ha saputo rispettarla e amarla com’è), a occhi chiusi, bella e tremante come un fiore sotto la pioggia. Voltati Antigone, ancora una volta.