Scuola

«Una norma che guarda al passato, di formativo non c’è nulla»

Daniele NovaraDaniele Novara

L'intervista Il pedagogista Daniele Novara: La scuola non è un centro di recupero come il carcere minorile, ci si va per imparare. E la benevolenza socio affettiva serve all’apprendimento

Pubblicato un giorno faEdizione del 26 settembre 2024

«In questo provvedimento di pedagogico non c’è niente». Daniele Novara, pedagogista di fama internazionale, autore di oltre 50 libri e fondatore del Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti, ammette di aver provato un misto di incredulità e preoccupazione quando ha letto la proposta di Valditara sulla riforma del voto in condotta, approvata ieri alla Camera. «Mi sono chiesto cosa sta succedendo? Questi dove vivono?»

Cosa non la convince della riforma?

Chiariamo: il termine riforma che usa il governo è assolutamente improprio, le riforme guardano al futuro. Questo è un intervento normativo che ripesca delle pratiche in uso prima degli anni Settanta. Faccio molto fatica a dare un commento da pedagogo perché qui di pedagogico non c’è niente. Come in altri provvedimenti dell’esecutivo Meloni, anche in quelli sulla scuola ci sono ragioni revanscistiche e ideologiche dietro, che non tengono in nessuna considerazione le necessità degli alunni. Misure come queste portano allo scontro con gli alunni e con i genitori e portano chi ha 5 mila euro da spendere a ricorrere al Tar, che si intasa per le bocciature.

Perché non hanno valutato questo aspetto?

Hanno un’idea di istruzione che appartiene a un altro tempo, dimenticano che la bocciatura per condotta venne abolita per creare un clima più benevolo nei confronti degli alunni e non uno di scontro aperto. Perdere un anno come causa di un «cattivo» comportamento costituisce una punizione che ha implicazioni estremamente negative e problematiche per i ragazzi. Devono rimanere un anno in più a scuola, maturando la convinzione che l’istruzione sia una pena e la classe un luogo di espiazione. Questo travalica il significato profondo della scuola. Non è un centro di recupero come il carcere minorile, ci si va per imparare. E la benevolenza socio-affettiva è alla base della costruzione di un clima dove l’alunno si sente motivato a collaborare.

Valditara ne ha parlato come di una misura necessaria a contrastare il bullismo.

Non vedo come. Questa visione punitiva e restrittiva della scuola non ha niente a che vedere con la costruzione di un ambiente pedagogico dove si lavora assieme per imparare. L’Italia è la patria di Maria Montessori eppure il governo ha dedicato un ennesimo francobollo a Giovanni Gentile, ucciso dai partigiani, che non può dare più nulla alla scuola di oggi. L’istruzione non può diventare il luogo per un risarcimento politico o culturale e purtroppo i segnali vanno in questa direzione.

Hanno fatto discutere le Nuove Linee guida per l’Educazione civica: contengono cose come l’educazione alla patria, quella finanziaria, la promozione della cultura d’impresa e dell’iniziativa privata.

Una virata patriottica assoluta, insistita e inutile. La cittadinanza è un continuo processo di partecipazione democratica, di tensione verso il potere decisionale. Non verso quello finanziario o pensionistico.

Con i provvedimenti sulla condotta forse agli studenti passerà la voglia di partecipare. Potrebbero rischiare la bocciatura per un’occupazione o un’assemblea.

Ho sempre sostenuto che le occupazioni sono un gesto d’amore per la scuola. Anziché scappare dal sistema d’istruzione, i ragazzi se ne preoccupano e ci vanno anche a dormire: è straordinario. Darei dei crediti formativi a quei ragazzi, non certo una sospensione.

Con i decreti sicurezza i ragazzi rischiano di essere puniti sia se manifestano nella scuola che fuori, per le strade.

È inquietante che chi protesta per il clima venga trattato al pari di un mafioso o di un terrorista. C’è un valore etico in determinate manifestazioni che la magistratura ha sempre riconosciuto, spero i giuristi democratici si attivino per dare il patrocinio gratuito ai manifestanti denunciati. Con questo tipo di provvedimenti si corre il rischio di mutare l’antropologia democratica del nostro paese.

Ieri ha presentato al Senato una petizione per vietare l’uso dello smartphone e dei social sotto i 16 e i 14 anni. Valditara ha una posizione simile.

L’unica che condivido. Per il resto possiamo dire che il suo operato si è distinto per scelte ideologiche davanti alle quali noi esperti e tecnici non possiamo che alzare gli occhi al cielo e sperare in una mobilitazione con i sindacati per farli ravvedere. Le questioni scolastiche sono complesse, non si possono trattare con l’accetta.

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