L’ultimo libro di Grazia Pagnotta, storica dell’Università La Sapienza di Roma e conosciuta collaboratrice di queste pagine, narra di un particolare settore, il trasporto pubblico romano, e di un preciso periodo di tempo, dal 1900 al 1950. In realtà, Dentro Roma. Storia del trasporto pubblico nella capitale (1900-1945) (Donzelli editore, pp. 404, euro 28) è un grande giacimento di conoscenze utile non solo a coloro che si occupano dei problemi di Roma ma è uno straordinario contributo per mettere a fuoco uno dei nodi strutturali che l’Italia deve affrontare se vuole uscire dalla crisi: quello del governo dei servizi pubblici locali, investiti nell’ultimo ventennio dalla sciagurata monocultura della privatizzazione.

Quattro densi capitoli del libro di Grazia Pagnotta sono dedicati alla politica di pubblicizzazione dei servizi urbani portato avanti dall’amministrazione guidata da Ernesto Nathan, il primo sindaco laico di Roma moderna che guidò una giunta progressista dal 1907 al 1913. Il Blocco del popolo che aveva portato Nathan alla vittoria aveva scritto nel programma elettorale che la pubblicizzazione dei servizi era «un postulato della democrazia» perchè sottraeva potere ai monopoli provati.

Un’azione progettuale

Il più geniale interprete della politica delle municipalizzazioni fu Giovanni Montemartini, autorevole esponente socialista e grande esperto della materia. L’autrice mette in luce il faticoso confronto che si ebbe nel 1909 per raggiungere l’obiettivo di controllare l’azione della Società romana dei trasporti che viveva una felice stagione di monopolio sui prezzi, sui percorsi e sulle frequenze delle corse. Montemartini non trascura di utilizzare tutti gli strumenti del potere pubblico per costringere la società ad accettare il potenziamento del servizio lasciando inalterati i prezzi, impone nuovi percorsi meno remunerativi ma più utili ai romani. L’azione della giunta romana è un esempio di rigoroso esercizio dei pubblici poteri che fanno prevalere l’interesse generale su quello delle imprese. Un esempio tanto più utile oggi in un momento in cui anche la sinistra non osa neppure mettere in discussione il dominio incontrastato dell’economia.

Sullo stesso tema c’è nel volume anche un altro episodio che aiuta ancora a comprendere il significato e la rilevanza delle azioni pubbliche. Il 4 dicembre 1913 l’amministrazione Nathan si dimette travolta delle divisioni e dalle contraddizioni. Nel periodo che divideva dalle elezioni municipali fissate per il giugno 1914, fu nominato un commissario straordinario e il clima cambia. Il commissario infatti stipula una nuova convenzione con la società Srto ad essa molto più favorevole. Afferma la Pagnotta che «Nei suoi mesi di permanenza al Campidoglio il lavoro di Aphel fu assiduo, ma non si può dire che fu in continuità con la politica dell’amministrazione Nathan, ciò è evidenziato dalla non applicazione della tassa sulle aree e dalla convenzione firmata con la Srto, molto più favorevole alla società di quanto definito dalla giunta Nathan». Cambiano dunque i rapporti di forza e il potere delle aziende private viene affermato a scapito del benessere sociale. Altra lezione di grande attualità, proprio oggi in cui con l’artificio del «non ci sono i soldi» vengono spacciate come oggettive e tecniche politiche di sistematica cancellazione del welfare urbano.

L’autrice affronta poi una questione che ci permette di valutare meglio la mancanza di una rete efficiente ed estesa di linee metropolitane. Sono pagine di grande interesse in cui Grazie Pagnotta descrive da un lato il ritardo infrastrutturale della città nella sua modesta dimensione demografica in confronto con le altre città d’Europa. Al censimento del 1921 Roma aveva circa 660 mila abitanti e ciò spiega perché gli amministratori non si cimentavano con il tema che coinvolgeva invece tutte le altre città riguardo alla creazione di reti metropolitane. Ma è soprattutto il fattore soggettivo a rappresentare una delle costanti della storia urbanistica di Roma e della sua incapacità ad affrontare con lungimiranza il futuro.

Il modesto cabotaggio

All’uscita dalla prima guerra mondiale, quando tutto lasciava presagire un ruolo ancor più importante di Roma, la Commissione consultiva dell’ufficio tecnologico municipale si rinchiude nel respiro corto del giorno per giorno, rinunciando a legare la programmazione dei trasporti e delle metropolitane allo sviluppo urbano. Pagnotta riporta un brano del rapporto conclusivo: «la Commissione riconosce la imprescindibile necessità di sgombrare la città di Roma, specialmente nella parte centrale, del servizio tramviario adottando linee sotterranee a grande o piccola profondità da attuarsi mano a mano che le esigenze del transito lo impongano e prescindendo, per quanto è possibile, dall’esecuzione del piano regolatore edilizio». È l’atto di nascita del modesto cabotaggio, della cultura emergenziale che connoterà troppe volte la vita urbana della città.

Altre pagine preziose sono quelle dedicate alla sciagurata politica di smantellamento della rete tramviaria romana operata dal regime fascista a partire dal 1930. Anche in questo caso Roma si presenta come eccezione nel panorama nazionale, perchè altre grandi città come Milano e Torino mantennero gelosamente quella rete efficiente. E qui il ragionamento dell’autrice affronta la questione della democrazia perché quelle politiche che condannarono Roma ad un radicale arretramento, furono prese da Mussolini: la democrazia calpestata di quegli anni riuscì a coprire ogni misfatto. Un libro denso e importante per affrontare il futuro.