Sandro Mele è un artista leccese (classe 1970) che ha tra le abitudini (forse anche etica, non solo estetica) quella di affrontare direttamente, senza giochi iperbolici, i fatti politici che giudica degni di un nuovo assemblaggio concettuale. Offre una lettura diversa, non da reportage giornalistico, ma da produttore di memoria attiva. Si potrebbe dire che è uno «stimolatore» dell’allerta riflessiva.

Con Aquí todo bien – la mostra appena inauguratasi alla Morelli Contemporary di Bruxelles, a cura di Raffaele Gavarro, visitabile fino al 16 aprile prossimo – Mele indaga la figura del guerrigliero e attivista colombiano Bernardo Zuluaga (morto a Roma nel 2008). Prima, gli altri suoi cicli di incursioni frontali nella realtà avevano riguardato la ex Zanon, la fabbrica senza padroni di Neuquén in Argentina (Lucha) e anche l’era Marchionne alla Fiat (American Brothers, 2013).

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Bernardo Zuluaga, amico molto caro dell’artista, è stato da giovane un guerrigliero che entrò nelle Farc, per poi passare alla E.P.L., dove ebbe la carica di comandante. Fu un personaggio con un ruolo chiave nella trattativa tra la E.P.L. e lo stato della Colombia (fu anche senatore). Trasferitosi dapprima in Olanda per motivi di sicurezza, scelse poi Roma come sede definitiva, chiedendo asilo politico e rimanendovi fino alla fine.

«Bernardo conosceva la mia intenzione di fare un lavoro sulla sua storia e, dopo la sua morte, la moglie e i figli mi hanno consentito l’accesso all’archivio. Ho aspettato diversi anni: sapevo che sarebbe stata un’impresa difficile, ho raccontato Bernardo basandomi sulla documentazione video e fotografica che aveva conservato. Mi interessava però parlare anche dell’uomo, della sua esistenza privata», spiega Mele nel corso di una conversazione con il curatore Gavarro. Non manca così, in quel ritratto, anche una «traccia sonora» (in collaborazione con Ennio Colaci dei Minimono) a ricordo della passione per la salsa di Zuluaga, che era un grande ballerino.

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Nella personale belga, vengono utilizzati linguaggi diversi – video, disegni, scritture in libertà, percorsi sonori – quasi a voler ricreare un universo interiore complesso. Fra le opere, c’è anche una «scultura» rappresentata da un objet trouvé: non è un readymade casuale: si tratta della riproduzione della scarpa ritrovata (unico reperto finito agli atti) durante la desaparición di Amparo Tordecilla Trujillo, prima moglie di Zuluaga rapita dai servizi segreti. Un atto intimidatorio, che si concluse tragicamente con l’uccisione della donna. La scarpa è riempita di cemento, ostacolata nella sua funzione principale (il camminare lungo le strade della vita) e resa pesante dalla memoria intrisa di violenza che porta con sé.