Zoran Zaev dovrà aspettare a cantar vittoria. Il premier socialdemocratico, artefice dell’ingresso della Macedonia del Nord nella Nato, ha vinto di misura sui conservatori del Vmro-Dpmne, guidati da Hristijan Mickoski. L’Sdsm di Zaev, che si presentava per la prima volta nella storia della Macedonia del Nord in coalizione con un partito di etnia albanese, il Movimento Besa, ha conquistato il 36% dei voti, staccando il Vmro-Dpmne di poco più di un punto percentuale. Tradotto in seggi, Zaev avrà a disposizione 46 dei 120 deputati in Parlamento, solo due in più rispetto alla coalizione nazionalista di Mickoski.
Un risultato insoddisfacente per entrambi i principali partiti macedoni che rispetto alle elezioni del 2016 hanno perso rispettivamente 8 e 7 seggi. Zaev puntava a spendere i risultati raggiunti dal suo governo, primo tra tutti l’accordo con la Grecia sul cambio del nome che ha sbloccato le trattative per l’adesione di Skopje alla Nato e per l’avvio dei negoziati in Ue. L’emergenza sanitaria però ha imposto altri temi, in primis il rilancio dell’economia. D’altra parte il Vmro-Dpmne che ha condotto una campagna dagli accesi toni populisti e nazionalisti, non è riuscito a capitalizzare l’insoddisfazione dei cittadini verso il governo Zaev che ha rallentato l’attuazione di riforme attese da tempo.
Più avvincente, ma non meno polarizzato è il voto della comunità albanese, pari a un quarto della popolazione. A vincere la sfida è stato nuovamente Ali Ahmeti, leader dell’Unione democratica per l’Integrazione (Dui), braccio politico dell’Uck-M. L’ex generale albanese ha portato il suo partito all’11%, conquistando 15 seggi. Un risultato non scontato: il Dui, al governo da 18 anni, sembrava aver perso consensi tra gli elettori a causa dei sospetti di corruzione che gravano sul partito.
Ahmeti ha lanciato la campagna “Perché no?”, chiedendo di eleggere per la prima volta nella storia del Paese un premier di etnia albanese, Naser Ziberi. Una richiesta bollata come provocatoria dai due leader macedoni, Zaev e Mickoski, che però ha avuto l’effetto di far guadagnare terreno al Dui. Il partito di Ahmeti si è confermato quindi il principale partito albanese, nonostante il balzo fatto dalla coalizione tra l’Alleanza per gli albanesi e il movimento “Alternativa”, che ha raccolto l’8.5% dei voti e un totale di 12 seggi.
Ora per Zaev la strada è tutta in salita. Il leader socialdemocratico dovrà avviare delle trattative con i partiti delle minoranze albanesi per formare il nuovo esecutivo. Obiettivo tutt’altro che semplice, considerati i rapporti tesi con il Dui, ex partner di governo. Ahmeti ha dato disponibilità per entrare nella compagine governativa, ma Zaev potrebbe optare per altri partner di coalizione meno scomodi.
Per il Vmro-Dpmne invece i giochi sono ancora aperti: «La competizione è ancora incerta, ha dichiarato il segretario generale di Vmro-Dpmne Igor Janushev, bisognerà vedere quanti sono i seggi di differenza». Tuttavia un esecutivo a guida conservatrice appare per il momento un’ipotesi poco plausibile, anche in considerazione delle implicazioni geopolitiche del voto macedone.
Di certo, la maggioranza che dovrà governare la Macedonia del Nord nei prossimi anni avrà davanti a sé delle sfide complesse da affrontare, dall’emergenza sanitaria, che ha colpito pesantemente il Paese, alla crisi economica che ne scaturirà. La Macedonia del Nord è uno degli Stati più poveri in Europa, con un salario medio pari a 420 euro e metà della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà. Il futuro governo dovrà poi gestire la delicata fase dell’avvio dei negoziati in Ue che avrà inizio ufficialmente nei prossimi mesi.