Cinque morti e 38 feriti: è il bilancio di un insolito incidente a Pechino, sulla piazza Tiananmen, il luogo più controllato del paese. Ieri mattina una macchina – una Jeep 4×4 – si è lanciata contro la folla, sempre numerosa nella zona, schiantandosi contro i muretti che delimitano l’ingresso alla Città Proibita, proprio di fronte all’immenso ritratto di Mao Zedong, il Grande Timoniere.

I tre uomini a bordo sono morti, con due turisti, uno dei quali filippino. L’auto, al termine della corsa, è esplosa, causando trentotto feriti. Al momento non ci sono novità o spiegazioni dell’incidente, mentre nella notte pechinese la polizia presidia gli ospedali dove sono ricoverati i feriti, impedendo ai giornalisti stranieri di avvicinarsi.

La Tiananmen, l’immensa piazza simbolo della città e di quelle che furono le proteste del 1989 represse nel sangue dal Partito Comunista, al giorno d’oggi è uno dei luoghi più sicuri di Pechino: le macchine non possono fermarsi, le persone che entrano nella piazza devono passare severi controlli compresi i metal detector (presenti anche in ogni stazione metropolitana della capitale).

L’incidente di ieri potrebbe essere un tentativo di attentato o di autoimmolazione, anche perché è avvenuto in un rettilineo che si estende per chilometri, fiancheggiando la grandezza della piazza: difficile ipotizzare uno sbandamento dell’auto. Pur in assenza di comunicazioni ufficiali da parte delle autorità locali, l’incidente potrebbe essere escluso, mentre sul web impazza il «toto-attentato»: uighuri, tibetani, membri del Falun Gong, petizionisti, disperati?

Nella nottata cinese sul web locale, attraverso Weibo – il Twitter cinese – qualche utente ha proposto anche la carta interna, un atto dimostrativo contro la nuova leadership, ma si tratta al momento di sospetti, dicerie, non suffragate da alcun dato concreto. Di sicuro, solo l’elenco delle possibili cause di un attentato o di un’autoimmolazione (già un centinaio quelle in favore del Tibet) dimostra come nella Cina che viaggia al 7,8 percento di crescita, le tensioni sociali e i «problemi interni» siano tanti e potenzialmente rischiosi per il Partito Comunista. Questioni etniche, religiose, sociali (il lavoro, l’ambiente, la terra) fanno della Cina attuale un’enorme e potenziale polveriera, calmata e controllata da un Partito che da anni mette al primo posto della sua agenda interna il cosiddetto «mantenimento della stabilità». A questo si deve aggiungere la concomitanza dell’evento accaduto ieri a Pechino, con la preparazione del terzo Plenum del Comitato Centrale del Partito – da tenersi a inizio novembre, in una data non ancora precisata – che deciderà le riforme che deve intraprendere il Dragone per ristrutturare completamente il proprio modello economico. È un evento rilevante, che bloccherà l’intera città e che vedrà applicate tutte le norme di sicurezza che il Partito prevede per questi eventi politici.

Sul fronte di quanto trapelato in relazione all’incidente, l’agenzia ufficiale Xinhua ha dato notizia solo dei morti e dei feriti, mentre il portavoce del ministro degli Esteri ha specificato di non avere informazioni sufficienti per escludere o meno l’ipotesi dell’attentato, declinando ogni commento. Sul web come al solito l’esercito dei censori ha provato a bloccare immagini, foto, video (alcuni reporter stranieri sono stati fermati nei pressi di piazza Tiananmen), ma proprio dal web sono emerse – nel solito gioco guardie-ladri dell’internet cinese – foto e mappe che hanno descritto e consentito di vedere il fumo e le fiamme scaturite dallo scontro della jeep.
Tiananmen è un luogo sicuro, ma nonostante i controlli è stato teatro di proteste clamorose anche negli ultimi anni. Nel 2007, un uomo con una molotov aveva sfregiato proprio il ritratto di Mao, venendo immediatamente arrestato. L’incidente avvenne nel maggio del 2007, pochi giorni prima dell’anniversario delle manifestazioni che diedero il via alla straordinaria protesta del 1989. Nel 2009 fu la volta di tre uighuri tentare di arrivare fino alla Tiananmen: furono bloccati nella vicina Wangfujing, una delle vie dello shopping cittadino, dove tentarono di darsi fuoco; l’obiettivo però era arrivare di fronte alla foto di Mao. Tornando indietro nel tempo, il web cinese ha ricordato un evento del 1982, quando una taxista cinese, Yao Jinyun, si schiantò proprio sulla piazza (di fronte al luogo dell’incidente di ieri) uccidendo cinque passanti.