E’ una natura addomesticata quella del parco di Villa Borghese che con i suoi 80 ettari è il terzo più grande della capitale. Fu il cardinal Scipione Caffarelli Borghese, nipote prediletto di papa Paolo V, a far edificare nel XVII secolo la residenza fuori dalle mura a Porta Pinciana, affidando la sistemazione dei giardini segreti a Domenico Savino di Montepulciano e Girolamo Rainaldi.

Altri interventi furono successivi, fino a quando nel 1901 la villa fu venduta dai Borghese allo Stato italiano. Aquile e draghi dello stemma migrano, perciò, nelle sculture antiche disseminate per il parco, in un dialogo secolare con le foglie dell’alloro, del leccio e del cipresso calvo, della canfora, dell’ippocastano, della quercia da sughero, della magnolia.

E’ in questo scenario suggestivo che è nato il progetto artistico Back to Nature. Arte Contemporanea a Villa Borghese (fino al 13 dicembre), a cura di Costantino D’Orazio, prodotto da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale. Una lunga passeggiata che inizia idealmente dalle bandiere colorate realizzate da Mimmo Paladino per l’esterno del Museo Pietro Canonica, per snodarsi verso la Loggia dei vini con la video installazione notturna Red Map (2020) di Grazia Toderi (a cura di Alessandra Mammì) e proseguire vicino alla Meridiana dove è collocata Bufala (2019), la realistica scultura in bronzo a cera persa di Davide Rivalta: l’artista ha osservato l’animale in un allevamento vicino Bologna, cogliendo la tensione del momento tra staticità e movimento. Altri interventi sono Wing Project degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma, la «vestitura» degli alberi (Yarn bombing) con i ricami all’uncinetto dall’Associazione Aracne di Ortona, coordinata dall’artista Shirley Rowlands, che nella cittadina abruzzese sono riuscite perfino a trasformare i cestini dei rifiuti con un tocco di allegria.
Quanto a Drops (2020), l’artista e attivista ambientale Andreco (Andrea Conte) ha collocato le sue sette sculture nella prospettiva del teatro del Parco dei Daini: forme trasparenti derivate dallo studio delle geometrie delle aiuole della villa. In questo iter che investiga i rapporti tra arte e paesaggio, cultura e natura e che si conclude con Radici, la mostra personale di Benedetto Pietromarchi al Museo Bilotti con le sue maestose radici capovolte – quella del cipresso abbattuto durante una tempesta e di una quercia, recuperate per ospitare l’una un’upupa di bronzo e l’altra dei pappagalli in ceramica con il leit-motiv del punto colorato a simboleggiare il «polline dell’arte – vale la pena soffermarsi su tre lavori particolarmente coinvolgenti. Etherea (2018), presentato precedentemente a Indio, in California e a Shanghai, è la prima installazione pubblica a Roma di Edoardo Tresoldi, un’architettura abitabile irreale costruita con rotoli di rete elettrosaldata zincata che si pone come filtro rispetto all’ambiente circostante. Quanto all’Igloo di Oporto (Senza titolo) che Mario Merz realizzò nel 1998, è emblematica la presenza, sulla sommità di questa doppia scultura di metallo e fascine, di un cervo (per l’occasione l’animale impagliato è stato sostituito da quello in alluminio) accompagnato dai numeri 10946 della sequenza di Fibonacci, sistema di misurazione del cosmo.

Un possibile (arbitrario) collegamento è con la testa di cervo con la croce tra le corna che si vede alzando lo sguardo, verso la sommità della facciata della basilica di Sant’Eustachio, legata alla leggenda della conversione e del martirio di Placido/Eustachio. Il cervo esce dal bosco per attraversare l’immaginario con le valenze simboliche di cui è portatore, sia nell’iconografia cristiana che nella letteratura pagana. Un giovane cervide appare anche alla fine del video Visita Interiora Terrae (2020), che Nico Vascellari ha presentato a Back to Nature.

Nei 15 minuti l’artista è protagonista di un viaggio, legato ad un cavo sospeso che viene trasportato da un elicottero sopra la Foresta del Cansiglio. Sollevarsi è l’espediente per entrare in profondità nelle dinamiche del rapporto uomo/natura. Un viaggio «interiore» che Vascellari sceglie di fare attraverso l’assenza di una morte apparente – la condizione di sonno. La paura e l’angoscia vengono sedati in quest’evocazione del sublime che s’ispira al dipinto Il viandante sul mare di nebbia di Friedrich.