È la prima manovra finanziaria dello Stato che affronto da senatore della Repubblica. Cade in una situazione politica complessa, sulla quale pesa come un macigno la procedura di decadenza di Silvio Berlusconi. Sulla carta le due vicende non presentano punti di contato. La realtà è diversa: nonostante la crisi, la disoccupazione, le aziende che chiudono, i consumi in ginocchio sono in molti a misurare i propri interventi sul metro della decadenza di Berlusconi e non di quella del Paese.

Non è la prima finanziaria solo per me, questa. È soprattutto la prima legge di stabilità del governo Letta e di questa legislatura. Arriva dopo anni di crisi della economia, in una fase di progressivo impoverimento del Paese. Arriva dopo il governo Monti, le misure di contrazione della spesa pubblica e i suoi tragici effetti sulla condizione di vita dei lavoratori e delle loro famiglie, sui giovani e i pensionati. Sono state colpite le amministrazioni locali e tramite queste i diritti dei cittadini, sono state abbattute la efficacia e la qualità dei servizi, si sono acuiti i fenomeni più pesanti di emarginazione, è cresciuta la disoccupazione, si sono moltiplicati i nuovi poveri. I salari sono fermi e perdono potere d’acquisto. Tutto ciò chiederebbe un impegno rigoroso, un’attenzione assoluta e lucida, razionalità e coerenza. E invece… Di tutto questo in settimane, non si è visto nulla. Quel che ho visto, in compenso, è stato il dispiegarsi sfrontato di una liturgia anacronistica: quella dei condizionamenti, delle spinte localistiche e corporative, delle pretese clientelari di questo o di quello. Ho visto intasare i lavori della Commissione con volumi di carta inutile, da oltre 3.000 emendamenti, presentati soprattutto dai gruppi di maggioranza. Alle riunioni formali, alle giuste attenzioni rivolte dalla Commissione ai problemi, veri, di soggetti svantaggiati, all’ascolto di tutti gli attori istituzionali, sociali ed economici, sono seguite le riunioni riservate, gli incontri bilaterali, email, telefonate, sms.

Questa pratica ha consumato settimane di lavoro, giorno dopo giorno, mattina, sera e notte. L’esame della manovra si è progressivamente segmentato alternando ostruzionismi di maggioranza con lunghe attese per il mancato arrivo dei relatori e del governo. Si sono ripetute le sospensioni, le convocazioni, le scuse per i tempi morti. Una follia già in tempi normali: qualcosa di peggio quando, come ora, sarebbe necessario affrontare l’emergenza con prontezza di riflessi.

In mezzo a tutto ciò è piombata la tragedia. In Sardegna. Nella mia terra. Con la sua verità di totale disattenzione per la manutenzione del territorio. Con le colpe di norme fatte notte tempo per favorire la speculazione edilizia, la sanatoria degli abusi, la trasformazione ex legge di locali di sgombero in civile abitazione, per gonfiare profitti e accrescere patrimoni. Mentre in pochi facevamo la battaglia per investire su bonifiche e interventi di contrasto al dissesto idrogeologico, contro tutti, maggioranza e governo.

Approviamo gli stanziamenti per l’emergenza, per la ricostruzione. Circa 100 milioni in 2 anni, a fronte di almeno 600 milioni di danni. Proprio in simultanea con l’alluvione, una delle tante che colpiscono l’Italia, proprio mentre in Sardegna si verifica un disastro tutt’altro che imprevedibile, la legge finanziaria stanzia per la prevenzione 30 milioni di euro per tutta l’Italia.

Tutto questo stona. Stona la tattica dilatoria che ha portato il testo della manovra, gli allegati e le relazioni tecniche di certificazione delle coperture, ad approdare in aula in un unico articolo illeggibile, disordinato e affastellato insieme di commi. Una manovra priva di anima che non rilancia la capacità produttiva del paese, non contrasta disoccupazione e povertà, non inverte il catastrofico declino della nostra economia e della nostra società. Una manovra che ancora risponde agli appetiti di parte, alle pretese particolari, al controllo del consenso attraverso le solite centrali.

Dopo la mia prima legge di stabilità sono più triste.

*capogruppo Sel commissione Bilancio Senato