È stata presentata come uno dei tasselli portanti della nuova Facebook, ma finora attorno alla criptovaluta progettata da Mark Zuckerberg erano più le voci che le notizie certe. Ieri l’annuncio in grande stile del lancio di una nuova associazione no profit che dovrebbe gestire le transazioni commerciali attraverso una moneta digitale per affiancare quelle tradizionali, sostituendole sia ben chiaro, per gestire i pagamenti on line. Ad aderire a Libra, che avrà sede nella neutrale Svizzera, segnando così la distanza geopolitica dell’associazione dagli Stati Uniti, ci sono colossi come Mastercard, PayPal, Visa, Stripe, Uber, Lift, Spotify, Booking, Iliad, Vodafone, mentre sono state contattate, ricevendo la loro disponibilità, tantissime multinazionali per gestire con Libra le loro transazioni commerciali.

La spiegazione del nome scelto da Zuckerberg è programmatica. Nell’impero romano, Libra era una unità di misura, ma anche il termine usato per indicare la moneta di riferimento nei rapporti commerciali tra mercanti dentro e fuori i territori sotto il dominio di Roma.

LA MONETA DI FACEBOOK si propone dunque di essere la divisa, come scrivono gli economisti, di un commercio mondiale che fa a meno del dollaro, dell’euro, dello yen, del rublo, dello yuan, cioè delle monete usate dalle economie più importanti del pianeta. Inoltre, Libra rispetta le regole definite dalle Banche centrali, ma ne istituisce delle proprie per mettere al riparo le imprese e i singoli utenti della Rete da speculazioni e turbolenze finanziarie. Evoca cioè la moneta sonante di una globalizzazione neoliberista che si pone al di sopra delle regole del commercio internazionale. Uno dei pilastri, dunque, di una sovranità imperiale parallela a quelle degli stati nazionali.

I Bitcoin nascono all’interno di una visione libertaria che vede nella moneta l’espressione di un potere indebito come è ritenuto quello politico e quello della finanza sugli affari dei cittadini. Viene attribuita a un fantomatico Satoshi Nakamoto, mentre in realtà si capisce che è frutto dell’attitudine alla condivisione e al lavoro di gruppo molto diffusa tra gli hacker.

SVILUPPATA INIZIALMENTE come sistema di pagamento nel 2009, cioè dopo il bailout dell’anno precedente, il bitcoin comincia dunque a svilupparsi e diffondersi come un vero e proprio sistema finanziario parallelo più che alternativo a quello dominante. In primo luogo è usato da imprese, mentre si moltiplicano le dinamiche speculative che portano così in alto il valore delle Bitcoin da far crescere i profitti monetari di chi specula con essi. La criptovaluta serve cioè a produrre denaro attraverso denaro. E quando la speculazione supera un livello di guardia, viene coniata da qualche gruppo anonimo in Rete una nuova criptovaluta.

LA SCESA IN CAMPO di Facebook cambia però le carte in tavola e rende Libra come una possibilità alternativa alle regole delle Banche centrali. In primo luogo perché gli utenti del social network sono due miliardi; poi perché il volume complessivo delle transazioni delle società coinvolte è stratosferico. Non è un caso che già adesso alcuni commentatori parlano di Libra come «moneta imperiale», cioè la moneta di quella comunità mondiale vagheggiata da Mark Zuckerberg e poi ridimensionata dopo che Facebook è stata messa sui carboni ardenti da Donald Trump e dal Congresso Usa per il suo coinvolgimento nell’affaire di Cambridge Analytica.

ERANO PERÒ ANNI che Facebook provava a mutare pelle. Un social network che ha il suo cuore economico nella pubblicità, nei Big data, ma che vuol costituire una impresa integrata che fornisce servizi e prodotti per tutto ciò che può essere fatto in rete, comprese le transazioni finanziarie e i sistemi di pagamento. Libra è dunque l’ultimo tassello di una trasformazione radicale che dovrebbe traghettare Facebook fuori dalle secche degli scandali e farla diventare la protagonista del capitalismo della sorveglianza, indipendente dagli Stati Uniti e leader globale di quel cosmopolitismo degli affari che mal tollera il potere regolativo degli stati nazionali.