Oggi 10 dicembre (ieri, ndr), in occasione della Giornata mondiale per i diritti umani, in qualità di cittadini italoargentini residenti in Italia e vittime del terrorismo di Stato in Argentina durante gli anni della dittatura militare (1976-1983), scriviamo questa lettera per manifestare il nostro sconcerto di fronte alle sentenze emesse dalla magistratura italiana che hanno respinto le richieste di estradizione di alcuni imputati per gravi delitti di lesa umanità.

A luglio 2014 la Corte di Cassazione ha negato in modo definitivo l’estradizione di Franco Reverberi Boschi, un sacerdote italo-argentino che durante la dittatura ricopriva il ruolo di assistente cappellano dell’VIII Battaglione di San Rafael. Diversi testimoni lo accusano di aver assistito, Bibbia alla mano, alle sessioni di tortura dei prigionieri. Consapevole del rischio, il 10 maggio 2011, poco prima dell’udienza che avrebbe determinato la sua detenzione, Reverberi Boschi lascia il paese per raggiungere l’Italia, dove tuttora esercita le sue funzioni religiose presso la parrocchia Santi Faustino e Giovita a Sorbolo, in provincia di Parma, città dove nacque il 24 dicembre 1937.

Dopo la fuga, e una volta accertata dall’Interpol la sua presenza in Italia, il governo argentino sollecita l’estradizione che, a causa di questa sentenza, viene ora definitivamente negata.

Un mese prima che la Corte di Cassazione si pronunciasse, l’Assemblea Permanente per i diritti umani di Argentina aveva rivolto un appello a Papa Francesco, attraverso il Nunzio Apostolico, perché intercedesse o promuovesse qualsiasi azione che ritenesse rilevante affinché Reverberi Boschi fosse processato in Argentina.

Sempre a luglio 2014 la Corte di Cassazione ha respinto anche l’estradizione dell’ex tenente colonnello Carlos Luis Malatto accogliendo il ricorso di Augusto Sinagra, legale di Malatto, e ribaltando in modo definitivo la sentenza emessa dalla Corte d’Appello dell’Aquila che l’aveva invece concessa. Così l’ex militare non dovrà mai rispondere davanti alla magistratura argentina per il sequestro, la tortura e la desaparición di Oscar Alfredo Acosta e sua moglie Virginia, Marta Sarof de Leroux, Margarita Camus, Alberto Carvajal, Guillermo Gulbert, Fernando Mot, Adolfo Andino e Vicente Mazzitelli. Questo solo per portare alcuni esempi, tralasciando numerosi altri delitti di lesa umanità rimasti sospesi dalle leggi che fino a dieci anni fa avevano interrotto i processi.

Le denunce contro Malatto non sono poche e tutte riguardano gli anni della dittatura, quando nella provincia di San Juan era noto per il suo lavoro d’intelligence svolto insieme all’ex maggiore Jorge Olivera. La simbiosi tra i due camerati arrivò al punto che venissero chiamati Malavera, unendo entrambi i cognomi.

Olivera è anche noto in Italia grazie alle sviste della magistratura italiana che ne concesse la scarcerazione motivandola con un fax presentato da Augusto Sinagra, avvocato dell’ex tenente colonnello, rivelatosi palesemente falso. In questo caso l’estradizione era stata richiesta dalla Francia, ma negata anche questa volta. Il Governo Italiano si accorse tardi dell’errore, dando il tempo a Olivera di fuggire in Argentina dopo aver ingannato le istituzioni italiane. Olivera, dopo essere stato condannato all’ergastolo in Argentina, è riuscito nuovamente a fuggire ed è tuttora latitante. Potrebbe anche risiedere in Italia.

Le coincidenze tra questi casi sembrano rinviare a un vecchio problema mai risolto tra l’Italia e l’Argentina: la presenza di membri della Loggia Massonica P2 nelle vicende che riguardano i loro rapporti durante la dittatura militare. Come quella dell’ex maggiore Jorge Olivera, iscritto alla P2, avvocato oltre che militare, che con la toga difese l’ex generale Guillermo Suárez Mason, anch’egli iscritto alla P2. O quella del suo legale in Italia, Augusto Sinagra, primo avvocato di Licio Gelli, che assisterà undici anni dopo anche Carlos Luis Malatto, prima per l’accoglienza in Italia, poi per impedirne il processo in Argentina.

Questi casi hanno messo in grave allarme la nostra comunità. Dati i legami tra i due Paesi esiste difatti la concreta possibilità che molti ex repressori e torturatori abbiano scelto, grazie alla doppia cittadinanza, di risiedere impuniti e impunibili in Italia.

Ci auguriamo che le istituzioni italiane si mostrino coerenti con la loro tradizione democratica nel rispetto dei diritti umani e degli impegni presi affinché si intraprendano le azioni necessarie perché non si ripetano in futuro episodi simili.

Abbiamo applaudito quando l’Italia ha giudicato e condannato, sempre in contumacia, vari militari argentini colpevoli di crimini orrendi durante la dittatura. Non vorremmo che queste storiche sentenze siano costrette a convivere con nuove complicità, trasformando l’Italia in una zona franca per militari argentini o italoargentini profughi.

Grupo de Argentinos en Italia
por la memoria, verdad y justicia
Arias Maria del Carmen, Baratce Gladys, Bellanova Monica, Berlingeri Daniela, Caggiano Diana, Camarda Claudio, Cammarota Antonio, Ceriani Jorge, Chavarria Eugenio, Corrente Jorge, Cozzani Romina, Dri Berardo, Ferratto Raul, Fratini Nora Elisa, Frondizi Julio, Frondizi Silvia, Gauna Teresita Maria, Gomez Alfredo, Grandi Cristina, Gutierrez Adela, Leiva Mario, Lopez Leandro, Marchueta Graciela, Miglioli Juan, Mosca Maria, Ogando Jose, Roa Sonia, Robledo Estela, Rodriguez Jauregui Augusto, Sartori Corrado, Tognonato Claudio, Varela Hernan

Roma, 10 dicembre 2014
memoriargentinache@gmail.com

Questa “storia” è stata inviata in forma di lettera al Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, al Presidente del Senato Pietro Grasso, al Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, al Presidente del Consiglio Matteo Renzi