Le immagini provenienti da Germania, Belgio e Olanda ci hanno ricordato che nessuno si salva dagli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici. Nessun angolo della Terra è al sicuro e tutti dovrebbero uscire dagli interessi di parte e dai veti incrociati per mettere in atto ogni azione possibile per rispettare l’Accordo di Parigi e contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C in più rispetto ai valori preindustriali.
La lotta ai cambiamenti climatici, insieme a quella alla perdita di biodiversità, dovrebbe essere la priorità di tutti i Paesi del mondo. L’azzeramento delle emissioni climalteranti va attuato nel più breve tempo possibile e non ritardato come sembrano suggerire alcuni membri del nostro governo e i vertici di Confindustria.

Dato che i cambiamenti climatici sono già una realtà, è necessario anche mettere in campo una strategia di adattamento capace di gestire e limitare, per quanto possibile, i danni. Vedendo cosa è successo in Germania, andrebbe immediatamente attuata una politica basata sul ripristino degli ecosistemi fluviali e sul recupero degli spazi che abbiamo rubato ai fiumi (dal dopoguerra ad oggi circa 2000 kmq).

Il Wwf Italia, in collaborazione con Anepla, ha promosso un grande progetto per la rinaturazione del Po, oggi recepito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per recuperare spazio al più grande fiume italiano, ripristinarne i servizi ecosistemici e tutelarne la biodiversità.

Per quanto importante, si tratta di un intervento isolato, mentre ce ne sono ancora troppi assolutamente inadeguati di cui subiremo presto le conseguenze: canalizzazioni e tombinature, consumo di suolo lungo le fasce fluviali, traverse, dighe, taglio della vegetazione ripariale, escavazioni in alveo con la scusa della manutenzione idraulica.

SE IL 2020 È STATO, INSIEME AL 2016, l’anno più caldo di sempre, il 2021 si sta caratterizzando per una sequela impressionante di eventi impensabili: dalle temperature record in Artico alla bolla di calore nelle regioni occidentali del Canada (con quasi 50°C e incendi distruttivi), dalla siccità in California e in altre regioni del mondo alle recenti catastrofiche alluvioni del nord Europa.

Dietro la spinta dell’IPCC (Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici) e dell’opinione pubblica, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno aggiornato il Regolamento del 2018 sul clima, adottando il 30 giugno scorso il Regolamento (UE) 2021/1119 che entrerà in vigore il 29 luglio prossimo fissando un quadro di riferimento per il conseguimento della neutralità climatica al 2050. Un obiettivo che già appare non adeguato alla sfida che ci troviamo davanti e che comunque necessita che l’Italia inizi ad agire concretamente ad esempio dotandosi di una propria legge quadro sul clima, come è avvenuto in Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca, Finlandia, Spagna e altri Paesi.

AL FINE DI ACCELERARE IL DIBATTITO, martedì scorso Wwf Italia, Legambiente, Greenpeace, Kyoto Club e Transport and Environment hanno così illustrato, nell’ambito di un webinar dal titolo «In Italia ci vuole una legge sul clima: proposta degli ambientalisti a governo e parlamentari», i contenuti di una legge sul clima per la riduzione delle emissioni di gas serra.

Proprio l’entrata in vigore della “Normativa europea sul clima” del Regolamento 2021/1119, infatti, rende ancora più evidente la carenza di strumenti che accompagnino nel concreto la transizione. In particolare manca uno strumento legislativo per allineare le politiche e fare della riduzione delle emissioni di CO2 e dei gas climalteranti un indice di programmazione e valutazione di ogni singolo provvedimento, con un approccio strategico, sistemico e di lungo termine al fine di avere scelte politiche sempre più allineate alle indicazioni della comunità scientifica.
La proposta delle associazioni punta a fissare l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni climalteranti e il limite temporale massimo per raggiungerlo, che secondo il target dell’Unione Europea dovrebbe essere il 2050 e che sarebbe invece opportuno anticipare al 2040. Si traccia un percorso per arrivarci, con tappe e obiettivi di breve e medio termine, nonché le modalità per aggiornare di volta in volta le strategie per centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Sulla scia di quanto previsto da altre legislazioni nazionali, le organizzazioni ambientaliste propongono in particolare la definizione di un budget totale e di budget settoriali di carbonio (la quantità annuale di emissioni che si possono emettere per garantire il percorso di decarbonizzazione): tali budget dovrebbero essere proposti da un Comitato tecnico scientifico sulla crisi climatica da istituire anche al fine di suggerire efficaci politiche climatiche al Governo. Per raggiungere gli obiettivi è poi fondamentale che le politiche settoriali siano coordinate in modo da agire in un quadro chiaro e armonizzato che non disperda i benefici della transizione e, al contempo, monitori gli impatti derivanti dalle esternalità ambientali negative delle politiche settoriali rispetto all’obiettivo climatico da raggiungere.

Viene poi delineato un quadro di governance istituzionale (chi fa cosa) e si stabiliscono le modalità di coinvolgimento dei portatori di interessi anche attraverso nuovi strumenti partecipativi come l’assemblea dei cittadini prevista dalla legge spagnola.

Si punta infine a superare le contraddizioni del sistema stabilendo modalità per individuare ed eliminare le politiche in contrasto con gli obiettivi climatici e avviando l’eliminazione di sussidi, agevolazioni fiscali e altri benefici per i combustibili fossili. La legge dovrà anche aprire la strada ad una riforma fiscale in senso ambientale, a partire dalla tassa sul carbonio il cui gettito dovrà minimizzare l’impatto delle riforme e assicurare una transizione giusta ed equa sul piano sociale, prevedendo misure per i lavoratori e i settori più colpiti e al contempo indirizzare verso investimenti, consumi e produzioni sostenibili.

DOTARSI DI UNA LEGGE SUL CLIMA sarà quindi fondamentale per governare la crisi climatica in atto, monitorare i livelli di emissione per tutti i settori dell’economia, trasformare il sistema economico senza compromettere la stabilità della società.

È fuori di dubbio che le scelte che ci attendono per contribuire all’attuazione degli obiettivi climatici di Parigi e di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite saranno molto impegnative. E ogni giorno che passa senza che si compiano passi in avanti nella giusta direzione non fa che rendere più difficile il percorso, ma se la complessità del lavoro da fare è grande, le conseguenze del non agire sarebbero talmente negative da compromettere in maniera irreversibile il futuro delle nuove generazioni.