Dieci anni fa, l’Italia – che aveva attraversato la sbornia immobiliare del primo decennio del Duemila, chiusa dalla crisi dei mutui subprime – non aveva una legge contro il consumo di suolo. Nel 2021, l’Italia non ha ancora una legge per arrestare il consumo di suolo anche se oggi c’è maggiore consapevolezza, almeno scientifica, degli effetti negativi della cementificazione dei terreni agricoli. A questo ha senz’altro contribuito l’azione del Forum italiano «Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori» (www.salviamoilpaesaggio.it), nato dieci anni fa, il 29 ottobre 2011, a Cassinetta di Lugagnano (MI). Per celebrare questo compleanno, l’ExtraTerrestre intervista Sandro Mortarino, portavoce del Forum.

Da quali esigenze nacque «Salviamo il paesaggio»?

In Italia si parlava di consumo di suolo e dell’esigenza di tutelare il territorio e salvaguardare il paesaggio, ma avevamo pochi dati a disposizione e il problema dal punto di vista scientifico era poco indagato. Pensammo così di unire tutti coloro che si impegnavano in modo individuale o riuniti in associazioni e comitati per compiere un passo oltre l’esperienza del Movimento Stop al consumo di territorio, nato nel gennaio 2009 con l’obiettivo di disseminare una cultura del «non consumo di suolo», a partire dall’esperienza di quei pochi Comuni che avevano scelto di azzerare l’occupazione di suoli agricoli. Non era sufficiente, infatti, un movimento caratterizzato come ambientalista, perché era necessario che con noi ci fossero anche contadini, urbanisti, geologi, pedologi, per provare a fare un sintesi e dimostrare che c’era una massa di persone che chiedeva una legge nazionale. Così, nella primavera 2011 Stop al consumo di territorio e Slow Food preparano un invito, con l’obiettivo di far nascere un Forum nazionale, gemello di quello per l’acqua che ci stava portando al voto referendario.

Perché quell’assemblea si tenne a Cassinetta di Lugagnano?

Cassinetta (un Comune di meno di duemila abitanti attraversato dal Naviglio Grande) era un simbolo, il primo Comune ad aver realizzato il percorso che abbiamo immaginato di suggerire a ogni ente locale. Il sindaco Domenico Finiguerra (in carica dal 2002 al 2012 e di nuovo eletto nell’ottobre del 2021, ndr) aveva preso in mano un Piano di governo del territorio che rendeva edificabile il 35% della superficie ancora libera, pur a fronte di un 35% di edifici inutilizzati, vuoti o sfitti, e aveva coinvolti tutti i cittadini in un percorso partecipato di due anni, che aveva portato a modificare quello strumento urbanistico secondo la logica di crescita zero. Cassinetta era un esempio. Quel giorno arrivarono circa 600 persone dando vita a un soggetto informale per lavorare insieme e spingere la politica a formulare una legge per contrastare seriamente il consumo di suolo.

La prima azione promossa, però, fu un censimento degli immobili.

Avevamo la percezione che gli amministratori non fossero a conoscenza di quale fosse il livello di consumo di suolo nei singoli comuni, servivano elementi tangibili su cui ragionare. Abbiamo così immaginato un censimento degli immobili sfitti, per fotografare la situazione in ogni spicchio d’Italia. Lo abbiamo inviato a tutti i Comuni immaginando di utilizzarlo come strumento per capire la percezione nei confronti dei piani urbanistici. Intanto, già partito un messaggio forte alle politica: non siamo più tanti soggetti diversi, sparsi, pretendiamo l’attenzione. La risposta arrivò tra aprile e maggio del 2012, con la prima bozza del «Ddl Catania» (Mario, ministro dell’Agricoltura del governo Monti, ndr), che ho sempre letto come una risposta a quella partecipazione di massa dei cittadini.

Quel Ddl venne approvato nel novembre di nove anni fa. Ma la legge latita.

Quel disegno di legge era interessante, ma non era ancora ciò che avevamo in mente. Voleva occuparsi di suolo agricolo e non di tutto quello libero, e parlava di contenimento del consumo, non di arresto. Negli anni successivi, a ogni cambio governo (dopo Monti, Letta e poi Renzi…) il lavoro ripartiva quasi da zero. Nel 2016, infine, la Camera approvò una legge per noi debolissima, che si fermò al Senato. A un certo punto ci siamo chiesti se volevamo ancora dare un apporto tecnico-scientifico e umano a queste visioni e immaginammo la costituzione di un nostro comitato di esperti, per elaborare un testo di legge da proporre dal basso. A gennaio 2018 un testo condiviso da 75 esperti e validato da un migliaio di organizzazioni del Forum venne sottoposto a tutte le forze politiche in campagna elettorale. Il M5S decise di farlo proprio, di presentarlo nel giorno dell’istituzione delle due Camere. Ci sono voluti sei mesi per incardinarlo nelle commissioni Ambiente e Agricoltura, ma dopo un percorso con un centinaio di audizioni la politica lo ha bloccato. Oggi è in un cassetto, non c’è alcuna volontà di approvarlo. Il problema è che la cittadinanza attiva riesce ad arrivare fino a un certo punto. Dopo dieci anni c’è un po’ di frustrazione.

Nel frattempo escono ogni anno i dati Ispra.

Dal 2013, fotografando una situazione drammatica. Le parole che accompagnano ogni rapporto parlano di emergenza, un messaggio che va al di là dell’aspetto puramente scientifico. A questi ammonimenti la politica dà risposte deboli, non attendibili.

Intanto, da 8 metri quadrati al secondo il consumo di suolo è passato a 2 metri quadrati al secondo. Un successo?

Qualcuno dice che è un gran risultato, che è anche merito nostro. Ma ci sono state una serie di crisi economiche che hanno fatto la loro parte. In condizione più sane, e con il PNRR alle porte che porterà molti soldi, piani regolatori che prevedono ancora espansione e progetti di nuove infrastrutture, credo che ripartirà anche la girandola di nuove edificazioni. Che potrebbero espandersi anche abbattendo zone verdi, in luoghi belli e più attrattivi dal punto di vista residenziale, come ci ha insegnato l’esperienza del lockdown. Per questo, non bisogna abbassare la guardia.