L’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, ieri era a Roma: udienza dal papa e poi colazione di lavoro con il premier Matteo Renzi, presenti anche i ministri Marianna Madia e Stefania Giannini. Da Palazzo Chigi è stato diffuso il menu e l’elenco dei regali all’illustre ospite, un vaso di design e la moka per il caffè, «dal sapore molto partenopeo». Il richiamo è al progetto del colosso Usa di aprire a Napoli il primo centro di sviluppo App iOS d’Europa «per fornire agli studenti competenze pratiche e formazione». Ce n’è un altro in Brasile, altri ne apriranno in giro nel mondo. Quello partenopeo verrà realizzato in collaborazione con l’università Federico II. Il clima con il governo è tornato cordiale grazie alla transazione che ha risolto i guai di Apple con il fisco italiano: l’azienda ha versato all’erario 318 milioni, a fronte di una presunta evasione fiscale sull’Ires di circa 879 milioni nei bilanci dal 2008 al 2013.

Gli affari della mela in Europa vanno bene. Nel Vecchio continente, spiegano da Cupertino, gli App Store hanno generato 1,4 milioni di posti di lavoro, 1,2 milioni attribuibili alla comunità di creatori di app, con guadagni per gli sviluppatori di oltre 10,2 miliardi di euro. In Italia sono più di 75mila i posti di lavoro attribuibili all’App Store. Sulla stampa da giovedì la notizia rimbalza con accenti entusiasti a suon di «Italia patria della creatività» e «porteremo 600 posti di lavoro», con il premier a intestarsi il successo.

Il rettore della Federico II, Gaetano Manfredi, spiega: «Nella valutazione la Apple ha preso in considerazione il sistema universitario, il potenziale offerto da studenti e laureati. Quello che nascerà sarà un campus dove fare formazione aggiuntiva e incubare imprese. Coinvolgerà differenti discipline, da quelle scientifiche alle umanistiche. Ha pesato positivamente anche il fatto che Napoli è una città giovane, dove ci sono molte startup. In quanto alla location, ci hanno chiesto di individuare un sito vicino alla città e ai giovani. Potrebbe essere nell’area est, nell’ex Cirio di San Giovanni, oppure ovest a Bagnoli o nell’ex area Nato». In Campania ci sono 309 startup, 161 in provincia di Napoli, prima regione al Sud e settima in Italia.

«Quello che dovrebbe realizzarsi – spiega Giorgio Ventre, direttore del Dipartimento di Ingegneria elettrica e delle Tecnologie dell’informazione della Federico II – è un ecosistema di sviluppatori. L’App store funziona come un broker di innovazione, se il progetto funziona potremmo attrarre altre realtà. L’idea è procedere su due binari: la formazione e il centro di sviluppo. Nel comunicato della Apple i 600 posti di lavoro non sono menzionati ma in realtà è la dimensione minima perché un centro di sviluppatori vada a regime».

La Campania negli anni Novanta ha attraversato una fase di crescita nel campo delle telecomunicazioni: molte aziende internazionali, dalla Texas Instruments all’Alcatel, si insediarono in regione ma nel giro di una decina d’anni il processo si è arrestato e poi invertito. «Era una fase legata all’hardware, all’elettronica e alle reti ottiche – prosegue Ventre -, prodotti che sono diventati di massa. Oggi si tratta di investire in software con maggiore redditività e un tasso più alto di innovazione. La Accenture ha qui 1.200 sviluppatori che si occupano di grandi aziende e pubblica amministratore, la novità con la Apple è che ci si rivolge all’utente finale, un campo più vasto e interessante della Pa. In questo la Federico II dà grande affidabilità poiché per l’ingegneria informatica è la prima facoltà in Italia, ma abbiamo ottime valutazioni anche per le Tlc, fisica, matematica».
In quanto al luogo? «Non importa purché ci sia una buona qualità della vita, un campus che consenta piani di sviluppo e non soffochi la creatività, favorisca quello che gli anglosassoni chiamano cross fertilization. Basta che non accada quello che è successo con l’Authority per le telecomunicazioni: la sede portata a Napoli, come una cattedrale nel deserto, e nessun reale investimento. Oggi non è rimasto niente. Occorre invece creare una ambiente attrattivo che consolidi il progetto e lo proietti nel futuro».

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Intanto, Renzi ne approfitta per fare un po’ di propaganda: «Per me è fondamentale che la grande partita di Napoli e della Campania, più in generale del Sud, esca dai confini del pessimismo, vittimismo, lamentazione. Ci sono dei grandissimi partner globali, Cisco sta investendo in Italia, da Vimercate a Scampia. Mentre noi puliamo Bagnoli e portiamo Apple, de Magistris (il sindaco di Napoli n.d.r.) va in piazza a lamentarsi. Andiamo avanti anche senza di lui». Renzi non racconta che a Bagnoli sta cancellando il piano regolatore grazie ai poteri speciali né che, mentre si discute di Apple e Cisco, Finmeccanica minaccia di smantellare il comparto aerospaziale campano.