Lo spreco alimentare negli ultimi decenni ha assunto i contorni di una colossale emergenza globale. È una piaga economica, sociale e ambientale da risolvere il più presto possibile. Per questo però è necessario intervenire su più livelli.

I dati (fonte Ue) ci dicono che oggi almeno un quinto del cibo che produciamo in Europa viene gettato, per un totale che si aggira intorno a 88 milioni di tonnellate e a 143 miliardi di euro all’anno. Tutto questo cibo sprecato ha pesanti implicazioni sull’ambiente, tra l’impiego inutile di risorse naturali e l’emissione di enormi quantità di gas serra. Senza contare che dà luogo a un serio paradosso sociale, alla luce delle oltre 32 milioni di persone nel blocco Ue che oggi vivono uno stato di insicurezza alimentare.

Lo spreco avviene lungo tutta la catena di approvvigionamento, dalla raccolta, stoccaggio, trasporto, trasformazione, distribuzione, fino al consumo di cibo da parte dei singoli individui. Ma è proprio a livello dei consumatori che si verifica lo spreco maggiore. I responsabili del 70% dello spreco alimentare complessivo siamo noi.

Per fronteggiare questo problema, la Commissione europea all’interno della Strategia Farm to Fork si è impegnata a dimezzare lo spreco alimentare pro capite entro il 2030, in linea con l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’Onu. La transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente passa necessariamente da una riduzione dello spreco di cibo. Tra le cause principali vi è l’uso improprio (lato produttori) e l’errata interpretazione (lato consumatori) delle etichette alimentari di durabilità, fenomeni che da soli valgono il 10% dello spreco alimentare in Europa.

Eppure le diciture Da consumarsi entro e Da consumarsi preferibilmente entro hanno significati molto diversi, e per chiarire le differenze la Commissione si è impegnata a rivedere le norme comunitarie per tali diciture entro la fine del 2022. Qualsiasi modifica adottata dovrà soddisfare le esigenze di informazione dei consumatori e garantire la sicurezza alimentare.

Non solo, la Commissione nel 2019 ha lanciato una nuova metodologia comune per la misurazione dei rifiuti alimentari in tutti gli Stati membri. I livelli di spreco alimentare sono stati per troppo tempo sottostimati a causa della mancanza di dati e di un quadro di monitoraggio condiviso. Questo passaggio permetterà di armonizzare il modo con cui i Paesi dell’Ue quantificano i rifiuti in ciascuna fase della filiera, in modo da avere dati adeguati per valutare l’entità del problema.

Quel che è certo è che la Commissione dovrà svolgere un importante ruolo di coordinamento di tutte le azioni implementate ai vari livelli, a conferma del fatto che per combattere lo spreco serve l’impegno di tutti. È proprio attraverso la sinergia tra istituzioni, settore privato, terzo settore e società civile, infatti, che si riescono a raggiungere i risultati migliori.

Ed è proprio per la giornata contro lo spreco alimentare che si celebra il 5 febbraio, Slow Food con Zero Waste Europe ha pubblicato una guida per ridurre lo spreco a livello locale. All’interno del documento Guidance for municipalities to reduce food waste within local food systems (su www.slowfood.it) viene evidenziata la posizione chiave che ricoprono le municipalità, riportando esempi virtuosi di città (Milano, Parigi e Porto) che per prevenire lo spreco alimentare hanno innescato nuovi modelli di collaborazione tra profit, non profit, pubblico e privato.